giovedì 13 luglio 2017

IL NUOVO SESSANTOTTO DI BERSANI. A. CARUGATI, Bersani: “Ci vuole un nuovo Sessantotto. Senza una svolta il governo cade”, LA STAMPA, 13 luglio 2017

«Di fronte all’umiliazione di una intera generazione, mi stupisco che non sia ancora partito un nuovo Sessantotto. Allora noi contestavano le tre “emme”, mestiere, moglie, macchina, come qualcosa di antico. Oggi sono diventate un obiettivo, spesso un miraggio». Pier Luigi Bersani, nel suo studio alla Camera, parla di Renzi, e Padoan, della tensione tra Mdp e governo. Manda un messaggio a Gentiloni: «La fiducia sulle banche l’abbiamo votata, ingoiando un altro boccone amaro, perché non siamo avventurieri e, come dissi già nel 2011 alla caduta di Berlusconi, non vogliamo guadagnare qualcosa come partito sulle macerie del Paese. Ma se pensano a una manovra d’autunno di sgravi e bonus senza investimenti occhio che casca l’asino...». 



Vede un nuovo Sessantotto?  
«Prima di ogni altra cosa il governo deve spazzare via le distorsioni e le speculazioni su tirocini e stage per i giovani a 300 euro al mese. Se restano così, le imprese non li assumono, neanche col massimo degli sgravi. Nel ’68 l’economia tirava, ma per noi si pose un problema di libertà e di dignità. Questi temi stanno tornando». 

Per ora i giovani votano 5 stelle o stanno a casa.  
«Il problema è che Grillo non li porta da nessuna parte. Ma non gioisco dei fallimenti del M5S, perchè cresce la sfiducia». 

Il leader dei laburisti Corbyn i voti dei giovani li ha presi. Voi come farete?  
«Con proposte dirette come frecce. Stop allo sfruttamento dei giovani, nuove norme contro i licenziamenti, stop all’allungamento dell’età pensionabile perchè siamo andati troppo oltre e l’aspettativa di vita sta rallentando. Risposte precise ai 12 milioni di italiani che faticano ad accedere alle cure mediche». 

Eravate sponsor di Gentiloni. Idillio finito?  
«Al netto dello stile, ci ha dato parecchie delusioni. Ha seguito pedissequamente la linea del predecessore. Penso ai voucher, e ora a questa vicenda inaccettabile sulle banche. C’era un accordo per far pagare pegno ai responsabili di quegli istituti e per risarcire una quota più ampia di obbligazionisti. Poi è arrivato un niet incomprensibile. Per questo voteremo contro, e ci devono ringraziare per l’ok alla fiducia». 

Tornate a essere quelli dei penultimatum come ai tempi del Pd?  
«Nel Pd alla fine siamo arrivati al dunque... lo stesso vale per il governo: in questi giorni sento da Renzi ricette che non avranno mai il nostro voto, come fare altro debito per ridurre le tasse in modo indiscriminato anche ai ricchi. Una ricetta di tutte le destre, rinnegata persino da Reagan perchè inefficace».  

Il ministro Padoan si è smarcato in modo plateale.  
«Alla buon’ora! Un ministro del Tesoro deve saper dire basta. In questi anni di “alt” non se sono arrivati abbastanza. Tutti i margini di flessibilità ottenuti finora, accollandoci in cambio gli immigrati e accettando regole demenziali sulle banche, sono stati buttati in bonus e sgravi. Zero investimenti. Se Gentiloni mette il veto sul Fiscal compact noi ci stiamo. Ma per fare cosa? Io ho in testa un piano di investimenti diretti e indiretti, dalla manutenzione del territorio alla sanità, dalla digitalizzazione all’efficienza energetica. Calenda dice cose simili, bene. Facciamo un piano e proponiamolo all’Europa, chiedendo margini per realizzarlo». 

Volete arrivare a rompere col governo sulla manovra?  
«Se siamo in maggioranza devono ascoltarci. Ci sarà una nostra proposta, vediamo cosa portiamo a casa. Per risvegliare gli elettori delusi, servono idee, non giochi politicisti».  

È stato Pisapia a frenarvi sulla crisi di governo?  
«Tra noi ci sono sfumature e pensieri diversi, ma leggo di contenziosi tra D’Alema e Pisapia e il sottoscritto che non esistono. Siamo tutti impegnati a costruire un nuovo soggetto politico progressista, popolare, di centrosinistra, alternativo al renzismo, che non si alleerà mai con la destra. L’obiettivo è chiaro: nessun cartello elettorale, chi ci vota sottoscrive la promessa di una nuova forza politica. Sul governo decideremo tutti insieme».  

Pisapia vorrebbe volti nuovi. C’è il problema della ricandidatura dei vecchi leader?  
«Questo lo dice Renzi, non Pisapia. Nel vocabolario di Rignano ci sono molte “P”, come potere e poltrone. Mancano la “C” di coerenza e la “D” di dignità. È meschino pensare che ci siamo mossi per tenerci i posti. La mia ambizione è mettere in moto forze nuove. Se parte il movimento mi metto in coda, non ho bisogno della prima fila». 

Renzi scrive che la sostituzione di Letta a palazzo Chigi è stata una richiesta della minoranza Pd.  
(sorride). «Ma c’è ancora qualcuno in giro che può credergli a quest’uomo qui?». 

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