Pubblichiamo la prefazione di Giuseppe De Rita al libro di Luigi Grassia “Corruzione: e se un po’ servisse? I suoi apologeti da Cicerone a Hamilton (passando per Cavour, Giolitti, Mattei e Craxi”)”, Mimesis Edizioni 2025, pagine 135, 15 euro
La prefazione di Giuseppe De Rita a “Corruzione: e se un po’ servisse?”, un libro di Luigi Grassia che esplora i casi storici in cui le pratiche corruttive e clientelari si sono rivelate utili alla collettività. Con imprevedibili aperture di credito, da Cicerone a Norberto Bobbio
Fiumi di parole hanno descritto, interpretato, condannato la sfuggente realtà della “corruzione”; basta solo riandare alle mi gliaia di pagine a stampa o di ore televisive destinate negli ultimi decenni al fenomeno, specialmente in Italia, patria putativa di molti mariuoli e di pochi nobili spazzacorrotti.
In Italia ha quasi sempre vinto una visione della corruzione da magistrati penali e da titolisti scandalistici, che riempie il dibattito delle opinioni e poi decade, lasciando quasi sempre le cose come erano prima, magari peggiorate. Ma collocare la corruzione esclusivamente in un recinto penale significa non capire che è spesso un elemento interno a più ampi processi (di dialettica sociale, di rivoluzione, di formazione di nuovi Stati, di guerre locali, eccetera). Purtroppo, il riduzionismo etico della corruzione “impedisce di vedere le uniformità so ciali rispetto ai fatti”; frase splendida di Giulio Sapelli, non inferiore alla più famosa affermazione di Joseph Nye che “la corruzione è un fenomeno troppo importante per lasciarlo in mano ai moralisti”.