domenica 30 giugno 2013

IL PAESE DEI PRIVILEGIATI. DOMENICO COMEGNA, Il prelievo (difficile) sulle «Pensioni d'Oro», IL CORRIERE DELLA SERA, 30 giugno 2013

Dopo il «no» della Consulta il governo punta a bloccare l'indicizzazione La pronuncia «Il contributo di solidarietà è una palese violazione dell'articolo 53 della Costituzione»


Tre giorni fa il ministro del Lavoro Enrico Giovannini è stato chiaro sulle intenzioni del governo: «Sulle pensioni d'oro non si può mettere un contributo di solidarietà perché è stato bocciato dalla Corte Costituzionale - ha detto - ma si può bloccare l'indicizzazione (ovvero l'aggiornamento Istat)». Un «blocco» - ha aggiunto - che a seconda del livello di importo al quale si fissa «può produrre effetti non trascurabili». Si ripartirà da lì, dopo che ai primi di giugno la Consulta ha stabilito senza ombra di dubbio che il contributo di solidarietà chiesto ai pensionati che prendono più di 90 mila euro lordi l'anno viola la Costituzione.
La Corte ha bocciato la norma varata nella terribile estate del 2011 dal governo Berlusconi, e poi rafforzata dal governo Monti con il «Salva Italia», che aveva introdotto, per il periodo agosto 2011- dicembre 2014, una sovrattassa temporanea sulle pensioni più alte, con l'obiettivo della «stabilizzazione finanziaria», di evitare cioè il rischio default. In questo caso, i giudici hanno stabilito che il contributo di solidarietà fosse una palese violazione dell'articolo 53 della Carta Costituzionale, che fissa un principio molto semplice: ogni italiano deve pagare una quantità di tasse in proporzione alla propria capacità contributiva. Chi guadagna di più, insomma, deve pagare di più. In base a questo articolo, però, non è neppure ammissibile che un pensionato che incassa dall'Inps una determinata cifra, debba subire un prelievo più alto di un cittadino lavoratore dipendente o autonomo che dichiara lo stesso reddito. Dunque, sempre secondo la Consulta, non è possibile usare due pesi e due misure: o si tassano tutti i redditi alti o non si tassa nessuno.
Prima Tremonti poi Fornero
Ma di cosa parliamo? È presto detto. Nell'ambito di una manovra economica straordinaria, l'esecutivo del centrodestra, a pochi mesi dalla sua uscita di scena (ad agosto del 2011), aveva chiesto un sacrificio a tutti i pensionati più ricchi, chiamandoli a pagare un contributo straordinario del 5% sulla parte di assegno Inps che oltrepassa i 90 mila euro e del 10% sulla quota che supera i 150 mila. Poi, alla fine dello stesso anno, il governo Monti e l'ex-ministro del welfare, Elsa Fornero, hanno rincarato ulteriormente la dose, applicando un contributo di solidarietà del 15% anche sulla parte di rendita che, per pochi fortunati, supera i 200 mila euro. Interessati al «contributo di perequazione sui trattamenti pensionistici» (così tecnicamente viene definito il prelievo) sono tutti i pensionati, sia ex lavoratori pubblici che privati, in quanto ai fini dell'individuazione dei soggetti tenuti al contributo la legge (ora bocciata) non fa riferimento al rapporto di lavoro precedente al pensionamento, ma soltanto all'importo complessivo della somma intascata, considerando tutti i trattamenti, sia quelli obbligatori che quelli integrativi e complementari, erogate da Inps, ex Inpdap nonché da enti diversi, con esclusione delle sole prestazioni assistenziali (assegni straordinari di sostegno a reddito, pensioni erogate alle vittime del terrorismo, rendite Inail).
La sentenza
Il prelievo, sottolinea la Corte costituzionale, ha natura tributaria. Quando si parla di Fisco, però, le richieste devono essere commisurate alla «capacità contributiva» (secondo l'articolo 53 della Costituzione) dei cittadini, che sono «eguali davanti alla legge» (articolo 3), e non si può distinguere tra tipologie di reddito per penalizzare alcuni o premiare altri. Proprio qui sta il punto: con i «contributi di solidarietà» che si sono accumulati fra 2010 e 2011, un reddito da 200 mila euro lordi si vedeva chiedere 18 mila euro se maturati da pensione, 15.500 se guadagnato lavorando in un ufficio pubblico e zero euro se frutto di lavoro privato, perché in quest'ultimo caso (come voluto dalla manovra-bis di Ferragosto 2011), il contributo scatta solo oltre i 300 mila euro. C'è quindi un contrasto con il principio della «universalità dell'imposizione» e si determina una «disparità di trattamento» non tanto «fra dipendenti o fra dipendenti e pensionati o fra pensionati e lavoratori autonomi o imprenditori, quanto piuttosto fra cittadini».

Ticket da restituire
Le somme prelevate finora (il ticket appunto trattenuto sulle pensioni d'oro) dovranno essere restituite, come già accaduto non per le pensioni, ma per gli stipendi dei dipendenti pubblici sopra i 90 mila euro, oggetto di un altro prelievo di solidarietà già bocciato dalla Corte costituzionale. La somma in gioco non è decisiva, sono 25 milioni di euro l'anno. E questo perché le pensioni ricche rappresentano una piccola quota stimata in 33 mila quelle sopra i 90 mila euro, appena 1.200 oltre quota 200 mila euro. Ma più dei numeri conta il messaggio; difficile far digerire alla stragrande maggioranza degli italiani alle prese con le difficoltà economiche qualcosa che viene percepita come un «regalo» ai più ricchi. Ma anche il contributo di solidarietà è una peculiarità tutta italiana, visto che in altri paesi europei come la Spagna, la Francia o la Germania, le pensioni non vengono neppure tassate o subiscono un prelievo assai ridotto di pochi punti percentuali.

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