lunedì 1 giugno 2015

LE RIVELAZIONI DI J. ASSANGE E IL GIUDIZIO POLITICO INTERNAZIONALE SU ALDO MORO. S. MAURIZI, ndro Montanelli: meglio un Pinochet che un governo con il Pci, L'ESPRESSO, 29 maggio 2015

Tutta l'Europa temeva Aldo Moro e non solo gli Stati Uniti, ferocemente contrari a un ingresso del Pci di Enrico Berlinguer nel governo e nelle istituzioni che avrebbe legittimato i comunisti italiani agli occhi dell'opinione pubblica internazionale. La Francia temeva Moro e quelle che considerava pericolose manovre di avvicinamento al Pci; come la Germania del cancelliere socialdemocratico Helmut Schmidt non approvava le scelte del presidente della Dc.


E' il quadro che emerge dai “Carter Cables”, ovvero 500.577 comunicazioni diplomatiche del Dipartimento di Stato Usa relative all'anno 1978, che l'organizzazione di Julian Assange, WikiLeaks, ha appena pubblicato .

Anno drammatico quel '78, perché proprio il 16 marzo 1978 il leader della Democrazia Cristiana,  venne rapito in via Fani dalle Brigate Rosse. Il suo corpo fu ritrovato il 9 maggio in via Caetani, a Roma, a pochi passi da via Botteghe Oscure, sede del Pci e da Piazza del Gesù, sede della Dc. I cablo di Carter arrivano proprio mentre in Italia si torna a scavare nei punti irrisolti del rapimento e dell'assassinio del grande statista con una commissione parlamentare d'inchiesta .

A differenza dei cablogrammi segreti della diplomazia Usa, pubblicati nel 2010 da WikiLeaks e relativi al decennio 2001-2010, i 500mila cablo dell'era Carter sono stati desecretati dal governo americano. In altre parole, WikiLeaks in questo caso non ha rivelato documenti segreti, ma ha pubblicato in un database accessibile a tutti i 500mila file che lo stesso governo Usa aveva reso pubblici. Come era già successo con i cablogrammi dell'era di Henry Kissinger, rivelati due anni fa da l'Espresso , WikiLeaks ha voluto assicurarsi che questi file rimanessero per sempre disponibili al pubblico.

Dal database emerge che, a trentasette anni dal rapimento e dall'uccisione dello statista, il governo americano ha desecretato solo trecentosettantadue cablo, un numero esiguo per un caso di questa rilevanza politica e strategica. Non solo: dei trecentosettantadue documenti, solo trentacinque file erano originariamente classificati come segreti, con informazioni quindi potenzialmente rilevanti ( i 35 documenti sono disponibili qu i). Appare certo che il governo americano abbia ancora in mano centinaia, se non migliaia di comunicazioni diplomatiche tra il dipartimento di Stato di Washington e l'ambasciata americana a Roma sul caso Moro che, ad oggi, rimangono blindate dal segreto.

Leggere i trentacinque file è come entrare in un film in bianco e nero dove si intrecciano le trame di personaggi, per lo più legati alla Dc e alla diplomazia internazionale, che fanno parte del recente passato. I cablo ricostruiscono, giorno dopo giorno, la feroce preoccupazione degli Stati Uniti per un possibile ingresso del Partito comunista italiano, guidato da Enrico Berlinguer, nel governo e nelle istituzioni italiane. «I leader Dc», scrivono in un cablogramma del gennaio '78, «stanno lentamente ma inesorabilmente andando nella direzione di fare più concessioni al Pci. Si muovono cautamente, perché non vogliono essere accusati di svendersi da coloro che nel partito resistono all'idea, ma i sindacati fanno così tanta pressione che sia Andreotti sia Forlani non vedono alternative al compromesso con i comunisti, seppure non un compromesso che porti i comunisti a far parte del governo. Andreotti in particolare è 'psicologicamente preparato' a fare [concessioni,ndr]».

L'Europa

Francia e Germania esprimono alla diplomazia americana le loro preoccupazioni ai più alti livelli. Il segretario generale dell'Eliseo confessa che «la situazione italiana è gravemente preoccupante per il governo francese: se il Pci entrasse nel governo prima delle elezioni francesi di marzo, si avrebbe un profondo effetto in Francia. [Il segretario generale dell'Eliseo,ndr] dà la colpa a Moro, il quale crede che non ci siano soluzioni senza il Pci», scrive l'ambasciata americana a Parigi al Dipartimento di Stato. Altrettanto chiaro su Moro è il cancelliere tedesco Helmut Schmidt, «critico di Moro e dei suoi accordi con i comunisti». Quando poi gli americani parlano con grandi insider della politica italiana, come il giornalista Indro Montanelli, la preoccupazione dilaga.

Montanelli, il Pci e Pinochet

In un cablogramma dal titolo “ Montanelli vede in arrivo il sangue ”, i diplomatici Usa riferiscono a Washington quelle che definiscono le “tattiche” del grande giornalista: ricattare i Dc pronti a fare concessioni ai comunisti, affondare Berlinguer per far tornare il Pci alla linea dura, «che è quello che vuole [Montanelli, ndr]», scrivono gli americani, «tornando alla linea dura, il passo successivo sarebbe un conflitto civile, in cui il Pci verrebbe distrutto. Il sangue scorrerebbe. Sarebbe dura per tutti, ma il Pci verrebbe sconfitto. Cosa accadrebbe alla democrazia italiana? Quello è un mistero, afferma Montanelli. Forse l'Italia avrebbe una democrazia del tipo di Pinochet. Quella sarebbe una prospettiva infernale, ma meglio che un governo con il Pci. Secondo Montanelli, un governo autoritario della destra sarebbe più desiderabile di un governo dei comunisti». Così la diplomazia Usa riferiva le parole di Indro Montanelli all'inizio di gennaio di quel drammatico '78.

Il rapimento Moro

Nel database non c'è un solo cablo segreto datato 16 marzo, che descriva in modo minimamente approfondito il rapimento dello statista avvenuto quel giorno: impossibile che la diplomazia americana il 16 marzo non abbia inviato a Washington una sola comunicazione segreta e articolata su quel drammatico evento. Dove sono quei cablogrammi?

Per giorni il governo italiano cerca informazioni sulle Brigate Rosse dagli americani, senza grandi risultati. Due settimane dopo il rapimento, il sottosegretario al ministero degli Interni,Nicola Lettieriparla con la diplomazia Usa da «vecchio amico» . Si tratta proprio di quel Nicola Lettieri che recentemente Ferdinando Imposimato – all'epoca giudice istruttore del Tribunale di Roma, che seguì l'inchiesta Moro – ha ritirato in ballo come personaggio cruciale del caso.

Il 30 marzo del 1978, Lettieri spiega alla diplomazia di via Veneto, da «vecchio amico», che la mancanza di risposte da parte degli Stati Uniti alla «richiesta di informazioni sulle Brigate Rosse da parte del governo italiano e di varie figure politiche di alto livello sta dando adito a ogni sorta di speculazione». Il sottosegretario chiede con franchezza agli americani perché non rispondano: temono forse che eventuali informazioni sulle Brigate Rosse possano finire ai comunisti? Gli americani rispondono picche: «Il consigliere politico», scrive a Washington l'ambasciatore Usa a Roma, Richard Gardner, «ha risposto più chiaramente possibile che il governo americano non ha fornito alcuna informazione sostanziale sulle Brigate Rosse per il preciso motivo che noi non abbiamo informazioni: non raccogliamo informazioni sui terroristi presenti sul suolo o su altre organizzazioni e non abbiamo la capacità di farlo». Nicola Lettieri, secondo il cablo, non fa obiezioni di alcuna sorta. Da notare un dato importante: in tutto il database dei cablo di Carter, su Nicola Lettieri esistono appena due cablogrammi: un fantasma.

Mistero Pieczenick

Il primo aprile 1978 arriva a Roma un personaggio finito ripetutamente al centro dei sospetti del caso Moro: Steve Pieczenick . Nessuna informazione sull'inviato di Washington, su cui nel database figurano appena tredici cablogrammi, ma in un file la diplomazia raccomanda che la sua presenza a Roma sia trattata con totale discrezione: a sapere di lui è Francesco Cossiga e, solo successivamente, secondo i cablo, il consigliere diplomatico di AndreottiUmberto La Rocca.
Psichiatra, esperto di terrorismo, ufficialmente uno specialista nella gestione delle crisi, Cossiga ne apprezza «l'alta competenza professionale» e s'infuria quando il 23 aprile sul “New York Times” appare un'intervista su Pieczenick e il suo ruolo di consulente di Cossiga nel caso Moro, eppure la diplomazia americana nega ogni responsabilità nella fuga di notizie.

Dodici giorni dopo l'arrivo di Steve Pieczenick a Roma,l'ambasciatore Gardner scrive a Washington di aver saputo, per via dei contatti sul caso Moro, tante cose a proposito «degli sforzi del governo italiano per stabilire una moderna ed efficiente unità di polizia/intelligence contro il terrorismo interno e internazionale». Gardner spiega che «praticamente gli italiani stanno cominciando da zero: si sono procurati molti computer e molto materiale per le comunicazioni, ma hanno bisogno di essere formati sull'utilizzo di questi materiali e sull'organizzazione. Hanno bisogno anche di formazione nell'analisi dei trend, nella creazione e l'uso dei sistemi di informazioni e nell'applicazione delle scienze del comportamento al crimine».

Proprio quelle “behavioural sciences” che in quegli oscuri anni della Guerra fredda furono al centro di controversi programmi della Cia sull'interrogazione dei prigionieri e dei nemici, per farli crollare, piegarne la volontà, influenzarne il comportamento usando droghe, torture e tecniche psicologiche estreme.

Due settimane fa, il governo americano ha rilasciato alcuni libri e documenti recuperati dall'intelligence americana durante il blitz che ha portato all'eliminazione di Osama Bin Laden . Tra le letture di Osama, risultano presenti gli atti dell'audizione tenuta dal Comitato sull'Intelligence del Senato Usa su “MKUltra”, un famigerato programma portato avanti dallaCia negli anni '70 per gli interrogatori e la manipolazione del comportamento di prigionieri e nemici.

Molti hanno descritto questa lettura di Bin Laden come una passione per le teorie cospiratorie del controllo della mente e del comportamento umano (di fatto, purtroppo, il programma “MKUltra” ispira molto delirio cospirazionista). Pochi giornalisti e commentatori hanno ricollegato i fili dalla Guerra fredda alla guerra al terrorismo: il programma MKUltra a base di droghe, torture, tecniche psicologiche estreme ha ispirato alcune delle tecniche di interrogatorio usate contro i terroristi islamici nei “black site” della Cia o in prigioni come Guantanamo e Abu Ghraib, tecniche in cui psichiatri e psicologi hanno avuto un ruolo fondamentale, come rivelato anche dal premio Pulitzer James Risen del New York Times. Un filo oscuro collega abusi e atrocità della Guerra fredda a quelle della guerra al terrorismo. Da via Fani alle prigioni segrete della Cia.

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