lunedì 23 novembre 2015

TERRORISMO E DIVERTIMENTO. G. RIVA, Terrorismo, attacco al divertimento. Ovvero il peccato secondo i fanatici , L'ESPRESSO, 23 novembre 2015

i è scritto, e giustamente, che i fondamentalisti islamici a Parigi e altrove, ma soprattutto a Parigi, hanno voluto colpire il nostro modo di vivere, il modello occidentale. Così per terra abbiamo dovuto contare i corpi della generazione Bataclan, quella colpevole perché assiste a un concerto rock. E il rock, nell'accezione terrorista, è musica del demonio.




Abbiamo anche dovuto contare i corpi di chi va al ristorante, simbolo di buon vivere, promiscuità e consumo di alcol. E l'alcol è bevanda del demonio. Se non abbiamo contato i corpi di chi va allo stadio è perché sono stati maldestri i kamikaze. E in quel caso il bersaglio era politico, vista la presenza del presidente Hollande. Benché in alcune aree di stretto rigore wahabita del medioriente anche il calcio sia all'indice: prodotto dell'occidente corrotto.

In una delle rivendicazioni dello Stato islamico si fa del resto esplicito riferimento a Parigi come metropoli del vizio e della prostituzione.



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Nel weekend di paura appena trascorso, soprattutto nella capitale del Belgio e dell'Europa, Bruxelles, i luoghi più accuratamente sorvegliati sono stati i campi di calcio, i concerti, i cinema, le metropolitane. Dove c'è folla e dove c'è divertimento (cioé peccato, secondo i fanatici).

Il sedicente califfato ha voluto derubricare (se è mai possibile derubricare...) la macelleria all'ingrosso di Parigi da gratuita carneficina a vendetta per le vittime dei bombardamenti francesi sulla Siria. Cercando in qualche modo di stabilire un'equivalenza tra cadaveri.

Le strade di Bruxelles
Le strade di Bruxelles

Non regge, come dimostrano gli esiti di un'inchiesta già ben avviata: gli attentati del 13 novembre erano in gestazione da mesi. E il cappello politico è stato messo a posteriori.
Dunque offendere il nostro modo di vivere, ma a quale scopo? Per convincere noi a rinunciarci? Niente affatto o almeno quello non è l'obiettivo principale.


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I veri destinatari del messaggio sono proprio i giovani arabi, più in generale i giovani musulmani, che dalle nostre libertà sono attratti. Le nostre libertà furono la base delle rivendicazioni delle loro “primavere” del 2011 tramutate in inverno. La globalizzazione, nelle vaste aree islamiche che vanno dal Marocco all'Indonesia, è stata segnata dalla comparsa delle parabole satellitari nel panorama urbano. E con le televisioni (poi con Internet) si è diffusa per quelle terre governate generalmente da satrapi il vento della speranza che le cose possano cambiare. Che fosse possibile avviare la democratizzazione di regimi immarcescibili. Alcuni di quei regimi sono cambiati ma a prendere il sopravvento non sono stati i ragazzi delle varie piazze Tahrir o Taksim. I dittatori sono stati sostituiti dai portatori di una visione oscurantista dell'Islam terrorizzati dall'idea che l'aria delle primavere potesse portare lo sconvolgimento di una società millenaria basata sul controllo della donna (e quindi del suo corpo) da parte dell'uomo e sull'oppressione di qualunque impulso libertario. Sono la modernità e la post-modernità che spaventano gli islamisti. I quali colpiscono Parigi (anche, soprattutto) perché la piazza araba intenda.

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