martedì 17 novembre 2015

CASO MORO. DOPO 37 ANNI. P. BERIZZI, La verità di Cutolo: "Pronto a collaborare, vi svelerò i segreti del sequestro Moro", LA REPUBBLICA, 17 novembre 2015

Nessun pentimento ("solo davanti a Dio" ). Nemmeno una dissociazione. Ma, per la prima volta dopo oltre mezzo secolo dietro le sbarre  -  34 anni in isolamento, 23 in regime di 41 bis  -  , Raffaele Cutolo ha deciso di collaborare con lo Stato. Una scelta clamorosa che Repubblica è in grado di rivelare e di ricostruire. Una scelta maturata recentemente, in gran segreto, nel carcere di Parma, dove l'ex capo della Nuova camorra organizzata ha appena compiuto 74 anni. Qui, due mesi fa, Cutolo ha chiesto  -  a sorpresa  -  di essere interrogato sul rapimento e la morte di Aldo Moro. E ha parlato. Le sue rivelazioni - il verbale è stato secretato - le hanno raccolte in cella un luogotenente dei carabinieri e un magistrato. Collaborano entrambi con laCommissione parlamentare di inchiesta che indaga sulla complessa, e ancora oscura vicenda, dello statista democristiano rapito e ucciso dai terroristi delle Brigate Rosse il 9 maggio 1978.



Ma vediamo, con ordine, quello che è successo nel carcere di Parma. Siamo all'inizio di settembre: l'Italia e l'Europa sono alle prese con il caos migranti. Cutolo, come da routine, incontra la moglie Immacolata Iacone nell'unico colloquio mensile previsto per i detenuti sottoposti al regime del carcere duro (41bis). Piccolo ma non irrilevante passo indietro: sei mesi prima. È il 2 marzo. L'ex boss della camorra si sfoga in un colloquio riportato sulle colonne di questo giornale: "Mi hanno sepolto vivo in cella, se parlo crolla lo Stato", dichiara Cutolo. A stretto giro arriva la replica del procuratore nazionale antimafia, Franco Roberti. "Cutolo dica quello che sa e sarà valutato, siamo pronti a indagare", lo incalza il 10 marzo. Un invito, più che eloquente, rivolto a "don Raffaele" affinché potesse prendere in considerazione l'idea - sempre parole di Roberti - di fare "seguire alle dichiarazioni contro lo Stato anche delle dichiarazioni concrete". Perché, è il ragionamento, "la possibilità di uscire dalla condizione del 41bis dipende soltanto da lui...". Lui, Cutolo. Torniamo dunque a settembre.

Non si sa se e quanto le parole di Roberti abbiano instillato nel vecchio padrino della camorra lo spunto per una riflessione (a parte una breve parentesi nel '94 - morta sul nascere  -  l'ex boss di Ottaviano è sempre stato un muro di silenzio). Ma adesso Raffaele Cutolo vuole parlare. Di Moro, sicuramente. Forse anche di altro. Chiede di essere ascoltato da chi sulla morte del politico Dc sta cercando di fare chiarezza. In questi casi la prassi prevede due possibilità: o il detenuto scrive - di persona o attraverso il proprio legale - al magistrato (o ai magistrati) che indagano. O affida la sua richiesta al direttore del carcere. Sta di fatto che la seconda metà di settembre, Giuseppe Boschieri, luogotenente dei carabinieri, consulente della Commissione Moro, contatta uno dei legali di Cutolo, l'avellinese Gaetano Aufiero. Il carabiniere chiede se all'interrogatorio richiesto dal detenuto eccellente volesse prendere parte anche il suo difensore. Ma non trattandosi di un interrogatorio di garanzia, il legale ritiene superflua la propria presenza. Lunedì 14 settembre 2015. Nel carcere di via Burla - dove sono reclusi tra gli altri anche i super boss Totò Riina e Leoluca Bagarella (quest'ultimo appena trasferito in Sardegna), il "Nero" Massimo Carminati e Marcello Dell'Utri - Cutolo parla.

Dichiarazioni spontanee. Che finiscono in un verbale. È uno dei 41 documenti raccolti dalla Commissione Moro e annunciati all'ufficio di presidenza. Si legge nell'elenco: "Verbale di riversamento di files audio su supporto informatico relativi all'escussione del detenuto Cutolo Raffaele, avvenuta il 14 settembre 2015". Mittente del documento 316/1, protocollo 1027, data 21-09-2015, è il luogotenente Boschieri. Leggendo le carte che mettono in ordine i documenti c'è un particolare che balza all'occhio: il verbale relativo all'interrogatorio di Cutolo è segreto. Di più. dei 41 documenti raccolti da parlamentari, magistrati, poliziotti, carabinieri che collaborano con la commissione, il 316/1 è l'unico secretato. Gli altri sono tutti liberi o, al massimo, riservati. Perché? Che cosa ha rivelato sulla fine di Moro l'ex capo della Nco? Ha riferito circostanze e particolari che non devono o non possono essere resi pubblici? E, soprattutto, perché a 74 anni, dopo mezzo secolo al gabbio, e 34 anni di tolale isolamento, Cutolo decide di parlare accettando, di fatto, di collaborare con quello Stato da cui si è sentito "usato e abbandonato"? Il riferimento è al suo coinvolgimento nella vicenda dell'ex assessore regionale Dc Ciro Cirillo, sequestrato dalle Br a Torre del Greco nel 1981 e poi liberato  -  secondo una sentenza passata in giudicato  -  "alla fine di una lunga e serrata trattativa tra apparati dello Stato e il boss Raffaele Cutolo, a cui si è chiesto di intervenire presso le Br per ottenere la liberazione di Cirillo". Tredici ergastoli, record italiano di lungodegenza carceraria, sposato con Immacolata Iacone da cui ha avuto (inseminazione artificiale) la figlia Denise di 7 anni. Disse Cutolo in un'intervista a Repubblica nel 2006: "Mi sono pentito davanti
a Dio, non davanti agli uomini. È immorale fare arrestare persone innocenti per avere soldi e protezione dallo Stato. Riabilitarsi significa pagare gli errori con dignità. La dignità è più forte della libertà, non si baratta con nessun privilegio... ".

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