venerdì 27 ottobre 2017

NUOVA LEGGE ELETTORALE. IL PRESIDENTE DEL SENATO GRASSO LASCIA IL PD. A. DE ANGELIS, Grasso, il ragazzo di sinistra, lascia il Pd. "La misura è colma". Pesano le fiducie sul Rosatellum. Mdp lo aspetta come leader, HUFFINGTON POST, 26 ottobre 2017

Pietro Grasso, il "ragazzo di sinistra" come definì se stesso solo poche settimane fa alla festa di Mdp a Napoli, lascia il Pd. Proprio oggi: giornata della forzatura sulla legge elettorale, della frattura a sinistra, dell'orgoglio di Verdini come azionista quasi sfacciato della maggioranza, di una fotografia finale di questa legislatura che è sembrata la prima della prossima. Ai suoi il presidente ha consegnato parole amare e contrariate: "La misura è colma, politicamente e umanamente". Poi, l'iscrizione al gruppo "misto".


Gesto eclatante, inaspettato, come testimoniano le reazioni del Pd, di Martina, Zanda, e tutti i big, in verità neanche troppo addolorate. Un gesto molto "politico", nelle ragioni che lo animano, nell'impatto che determina, nelle aspettative che suscita. Con tutto ciò (o quasi) che è a sinistra del Pd che lo aspetta, al momento opportuno, come leader. E che vede, nella mossa, un segnale, un giudizio comune e l'inizio di un percorso.
Il giorno dello strappo non è casuale. Pesa, innanzitutto, il senso dello Stato. Ieri Napolitano, presidente emerito. Oggi il presidente del Senato: le 8 fiducie in dieci giorni, la compressione del Parlamento, rappresentano, al tempo, ferite per le istituzioni e precedenti pericolosi. Il presidente del Senato, proprio come l'Emerito, aveva fatto capire e suggerito, nei giorni scorsi, che tutte queste fiducie erano evitabili e che, magari, si potevano limitare ad alcune parti favorendo la discussione sul resto. Pesa lo snaturamento del Pd: "In questo Partito democratico non mi riconosco più – ha proseguito coi suoi – nel metodo e nel merito".
Il distacco arriva da lontano, sin da quando chiese un Senato elettivo e criticò l'impostazione plebiscitaria, distacco in cui aspetto umano e politico si intrecciano, come in tutte le separazioni. E il rifiuto di candidarsi in Sicilia ha scavato un nuovo solco di incomprensione col Pd renziano. E c'era già tutto quel che sarebbe accaduto nella risposta, quasi rabbiosa, data al senatore pentastellato Rocco Crimi, nella giornata di ieri: "Non ho accettato la candidatura in Sicilia per continuare a espletare la mia funzione in questa Aula. Può essere più duro resistere e continuare piuttosto che accettare una fuga vigliacca. Si può esprimere il malessere ma non è detto che, quando si ha il senso delle istituzioni, si debba obbedire ai propri sentimenti".
Ecco: resistere, malessere, sentimenti. Il "ragazzo di sinistra", che più volte ha ricordato, in pubblico e in privato, l'entusiasmo di quando ha accettato la candidatura, e non si sbilancerà sul suo futuro finché resterà nel ruolo di arbitro, sullo scranno più alto di Palazzo Madama. Ma il corteggiamento verso di lui è più di una suggestione. E non è iniziato oggi: un volto istituzionale, di "governo" e anche affidabile, come frontman di un listone di tutto ciò che a sinistra del Pd, che funziona proprio perché estraneo a una storia di scissioni, incomprensioni, rancori personali. E capace di intercettare un mondo "di governo" che non crede più nel Pd. E in parecchi già ricordano il precedente Monti: "Scese in campo due mesi prima del voto e prese il dieci per cento. Se Grasso decide il minuto dopo che si sciolgono le Camere... I giochi veri si faranno allora". Ma forse sono già iniziati.

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