domenica 7 ottobre 2018

POLITICA DELL'UNIVERSITA'. N. ORDINE, Scatta l’«effetto cobra» e l’università distrugge la (vera) saggistica, CORRIERE.IT, 6 ottobre 2018

Con «effetto cobra», espressione divulgata dall’economista tedesco Horst Siebert, si indicano decisioni che producono esiti contrari alle aspettative. La formula trova la sua origine in un aneddoto ambientato in India. Durante la dominazione britannica, un governatore decide di mettere una taglia sui cobra per disinfestare la regione. Così, in cambio di ogni esemplare catturato, offre ai cittadini dei soldi. Ma il provvedimento (che, nel giro di pochi anni, aveva trasformato i cacciatori in allevatori per guadagnare di più) anziché eliminare i serpenti, aveva contribuito invece a farli moltiplicare. Purtroppo lo stesso «effetto cobra» si sta producendo nel complicato sistema di valutazione che regola i concorsi universitari.

Un candidato, per esempio, che aspira all’abilitazione nazionale per la prima fascia di letteratura italiana, deve rispettare almeno due delle tre mediane previste: 1 libro in 15 anni, 6 articoli di classe A in 15 anni e 28 articoli-contributi in 10 anni. Nessuna chance, con questi attuali parametri, per un critico del calibro di George Steiner (uno dei più importanti del Novecento, con prestigiosi premi e lauree honoris causa all’attivo): senza i requisiti richiesti da almeno una delle altre due mediane (articoli di classe A e articoli di varia natura), i suoi 11 libri di successo (in più) non avrebbero potuto compensare la «soglia» disattesa. I risultati di questa logica aberrante sono evidenti: il suicidio programmato della saggistica di largo respiro e la superfetazione di pubblicazioni finalizzate esclusivamente alle tornate concorsuali. L’università anziché formare giovani dediti alla ricerca, vuole foggiare professionisti di curricula, costretti (non per colpa loro) a dedicare preziose energie all’alchimia delle «soglie». Così il provvedimento programmato per monitorare e premiare la qualità, asservisce la ricerca alla quantità e ai numeri, favorendo i ragionieri delle mediane e non gli studiosi che scrivono libri.

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