martedì 7 maggio 2019

IL RISVEGLIO DEL FILOSOFO DI SINISTRA. T. NUMERICO, Arriva il capitalismo documediale, IL MANIFESTO, 26 marzo 2019

C’è un nuovo capitale all’orizzonte, a sostegno della posizione che Maurizio Ferraris dispiega in Scienza nuova (Rosenberg & Sellier, pp. 230, euro 15), un saggio sull’ontologia del digitale: il capitale documediale. In una disputa sulla primazia tra l’uovo e la gallina, l’autore sembrerebbe propendere per quest’ultima. Il mondo sociale degli esseri umani per Ferraris, infatti, è caratterizzato dai documenti, che ne sono la condizione di possibilità e ne orientano il funzionamento.


OLTRE A UNA DISCUSSIONE politica intorno al rinnovamento del capitale che sarebbe sempre appartenuto all’umano, definito dalla capacità di tenere la contabilità di debiti e crediti, il lavoro si muove intorno all’emergere di caratteristiche come la ragione e l’intenzionalità che ci contraddistinguono come specie. Secondo l’autore è la tecnologia a produrre un sapere e non viceversa. La tecnologia farebbe nascere l’interiorità umana come suo prodotto. In questo Ferraris segue la lezione del filsofo francese Bernard Stiegler che nelle ritenzioni terziarie, cioè nella capacità di riprodurre la memoria, identifica la forza che costituisce la soggettività psichica e collettiva degli individui, orientandola, però, a un originario calcolo di entrate e uscite.
La struttura ontologica e antropologica che identifica il documento come costruttore di ogni socialità si precisa nella datificazione che renderebbe superfluo il denaro, in quanto i dati garantirebbero un livello di ricchezza ancora maggiore. La definizione di un nuovo capitale digitale privo di rapporto con gli investimenti industriali è, però, un po’ forzata. Per costruire l’asimmetria, che pure Ferraris è pronto a riconoscere tra i tanti mobilitati e le piattaforme che danno significato alla mobilitazione, si parla dell’opacità degli algoritmi, ma non si discute del potente investimento industriale necessario per costruire i data center, né del forte investimento tecnologico necessario per inventare gli algoritmi con i quali interpretare la grande quantità dei rich data.
Nessun dubbio viene sollevato circa l’affidabilità del senso attribuito dagli algoritmi ai dati. Nessuna crepa s’intravede nella costruzione di un meccanismo di interpretazione delle tracce che i mobilitati, cioè noi, liberamente cediamo alle piattaforme.
Non è chiarissimo come le piattaforme sarebbero prive del capitalista, quando pure nel libro si riconosce la centralità dei meccanismi di sfruttamento, sebbene privi di alienazione, perché tutti sarebbero invece felici di concedere il loro lavoro gratuito all’automazione della costruzione del senso.
AL DI LÀ DELLA POLITICA e all’economia delle piattaforme, la visione filosofica del libro è a tratti problematica. Secondo l’autore, il pensiero, la ragione, l’intenzionalità sarebbero tutte caratteristiche emerse dal contare. Prima di ogni cosa starebbe il conteggio di debiti e crediti che costituisce l’umano e le altre strutture sociali si istituirebbero emulando la promessa di un risarcimento. Del resto la capacità umana che Ferraris considera più originaria sembra essere quella della simulazione, anche senza scopo.
Tuttavia, sebbene affascinante, non è del tutto convincente che la memoria e la sensibilità che pure l’autore identifica come necessarie per la strutturazione di una società e per l’emergenza della ragione, deriverebbero dalle tracce scritte dei debiti. Dalla definizione delle posizioni creditorie illustrata da Ferraris sarebbe esclusa la relazione madre figli che invece potrebbe essere uno dei modi nei quali si sarebbe sviluppato il linguaggio e la socialità. Perché il conto dovrebbe includere il racconto, come un suo caso particolare? La capacità di emulazione dei cuccioli di essere umano potrebbe riguardare innanzi tutto l’agire materno, il suo sguardo protettivo, le tecniche di addormentamento e il racconto sulla loro nascita.
POTREBBE ESSERE l’embrione dell’istituzione di una memoria condivisa ed emulativa. La tecnologia ci plasma, ma il primo meccanismo potrebbe essere l’accudimento materno di un cucciolo a basso imprinting, al quale si deve spiegare ogni cosa per garantirgli la sopravvivenza. Forse è questa la prima socialità.
L’ipotesi della ragione umana emergente grazie al capitale e al conteggio, cioè a un meccanismo di quantificazione e misurazione farebbe pendere la bilancia verso l’accettazione del potere come sopraffazione del più forte, contro il potere come potenzialità di essere altro, come divenire che è propria dell’educazione e della relazione pedagogica e di cura del materno, che non fa differenze tra cuccioli e cerca di farli sopravvivere tutti insieme.

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