La débâcle della sinistra consegnatasi al principio speranza liberal
Per la sinistra, essersi consegnati (o venduti?) al principio speranza liberal ha prodotto solo danni e delusioni e ha tradito le sue aspettative più ottimistiche scrive Mario Ricciardi.
Per ogni generazione: per i coetanei di J. F. Kennedy, considerato l'artefice di un nuovo ciclo liberale agli inizi degli anni Sessanta, coetanei che assisteranno all'assassinio di John e Robert fra il 1963 e il 1968.
Per i nati dopo il 1963, che ricorderanno la fine della Guerra fredda a partire dal 1989 e l'inizio di un nuovo corso all'insegna di promesse tradite come si vede oggi “con lo smantellamento della macchina egualitaria della socialdemocrazia e del welfare grazie a un capitalismo senza freni”.
Per non dire di quanti hanno guardato all'affermazione di una visione politica a sinistra che si richiamava esplicitamente ai principi del libro dell'assistente speciale di Kennedy, A. M. Schlesinger jr., La politica della speranza, manifesto culturale della nuova frontiera: “ne’ socialista, né conservatrice. Progressista e liberale, centrista e riformista”. Che si alluda all'Ulivo ai tempi della vittoria berlusconiana del 1994 non è detto chiaramente, ma probabile che si tratti di quella stagione.
I rischi della retrotopia
Si vive un momento storico all'insegna di ricordi e commemorazioni. Una faccia di quell'interregno di cui si scrive ormai da più di un decennio che, se guarda al passato, confeziona retrotopie, mentre se guarda in avanti compone solo funeste rappresentazioni distopiche.
Come ha scritto Bauman “la via del futuro somiglia a un percorso di corruzione…il cammino a ritroso si trasforma in un itinerario di purificazione dai danni che il futuro ha prodotto”.
Ma quante insidie si nascondono in questo guardare all'indietro? “La nostalgia è una storia d'amore con la propria fantasia” e il suo pericolo maggiore è che si confonda il vero con l'immaginario.
Davvero Kennedy aprì l'era del principio speranza liberal?
Così risuona la rievocazione di Kennedy da parte di Ricciardi, un simbolo del “superamento definitivo della segregazione razziale, di una società più equa, di un mondo di convivenza pacifica e di giustizia”. Speranze e promesse andate in pezzi, come già detto, nell'arco di 5 anni “per via di una reazione rabbiosa, violenta e spietata” contro quello che Kennedy aveva finito per rappresentare “in parte suo malgrado”.
In effetti la figura di Kennedy è stata una figura molto controversa, non solo per la sua morte (su cui non si è mai fatta piena luce), ma anche per quanto predicato e praticato nel suo breve mandato presidenziale.
All'inizio del saggio del 1966 “Il capitale monopolistico. Saggio sulla struttura economica e sociale americana”, P. Sweezy cita un aneddoto raccontato da Robert Kennedy durante un suo viaggio in Indonesia in qualità di segretario alla Giustizia nell'amministrazione presieduta dal fratello nel 1962.
Durante un'affollata riunione di studenti, uno di loro gli si rivolse definendo gli USA un sistema di capitalismo monopolistico, espressione spregiativa che trovò un assenso formidabile da parte del resto dell'uditorio che applaudi’ a lungo l'intervento.
Kennedy chiese cosa si volesse dire con quell'espressione spregiativa, ma nessuno rispose.
Sweezy non dice se Robert abbia o no risposto lui alla sua domanda: l'economista scriverà un saggio con quel titolo proprio per spiegare cosa si nascondesse dietro a quell'espressione, certo cose per niente positive se, sempre nella Prefazione, scrive che “gli studenti indonesiani, come i loro colleghi nei paesi sottosviluppati del mondo, hanno molte cognizioni in materia di capitalismo monopolistico di cui hanno visto gli aspetti peggiori e sofferto le conseguenze della politica generale sulle proprie persone”.
Il capitalismo monopolistico al servizio dell'imperialismo americano demo-repubblicano
La tradizione liberal è stata pur sempre guardiana feroce del capitalismo nella versione che più lo ha caratterizzato negli Usa, ossia quella monopolistico-oligarchica e che oggi vediamo di nuovo declinata nei settori post-fordisti di internet e della space economy, fra loro interconnessi in quanto i satelliti nello spazio (di Musk) servono a rendere possibile il funzionamento dei sistemi digitali terrestri (fra cui X di Musk).
Gli studenti indonesiani erano consapevoli del fatto che in Indonesia Shell, Standard Oil e Caltex, le “società per azioni giganti” di quegli anni, stavano gestendo “per conto delle economie imperialistiche occidentali, statunitensi e britanniche, i ricchi giacimenti dell'ex colonia olandese” (Jurquet, 1999, p. 211). In un paese che rischiava di finire nell'area di influenza comunista, gli Usa facilitarono il colpo di stato del 1965 che portò al potere il generale Suharto il quale decretò la messa al bando del partito comunista indonesiano e rafforzo’ negli anni successivi i rapporti con i presidenti americani Nixon, Ford e Reagan. Dopo il settembre 1965 si è parlato di un milione e mezzo di vittime nella repressione anticomunista compiuta da Suharto.
John Kennedy, a cui seguirà dopo la sua morte Johnson, si era impegnato anche nella guerra in Vietnam. Fra il luglio del 1965 e il dicembre 1968 l'esercito americano passò da 125.000 a 580.000 unità. Si conosce abbastanza di questa tragica vicenda che si sarebbe conclusa solo nel 1975.
Gli Usa a trazione liberal non sembrano, insomma, tanto diversi dagli Usa comandati da altri governi. Il principio speranza liberal è macchiato di sangue ed è strano che Ricciardi non ne parli visti i tempi cupi e i venti di guerra che circolano fomentati dai soliti grandi imperi che hanno rilanciato le minacce di sempre di cui ci eravamo illusi che non si sarebbero più manifestate.
Sweezy, Il capitale monopolistico, 1966
Jurquet, Genocidio anticomunista in Indonesia, in Il libro nero del capitalismo, 1998, Tropea, 1999
Bauman, Retrotopie, 2017
Ricciardi, Tra politica della speranza e memoria, Il manifesto, 3.01.2025
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