giovedì 16 novembre 2017

RIFORME DELLA SCUOLA. BUONA SCUOLA E ALTERNANZA SCUOLA-LAVORO. E. TESTI, Alternanza Scuola-lavoro, nuova beffa: c'è anche chi deve pagare per la formazione, L'ESPRESSO, 16 novembre 2017

Poche parole chiave da scrivere sulla tastiera. Google fa il resto. Pagine, gruppi Facebook aperti per l'occorrenza. E ancora: numeri di telefoni ai quali risponderanno «gentili collaboratori in grado di fornire tutte le informazioni». Passa anche dal web l'alternanza scuola lavoro. Lo fa a pagamento. Con cifre, a volte, che superano i 500 euro per comprare solo 54 ore.




Basta digitare il numero dell'azienda, dall'altro capo del telefono arrivano programmi e la gentile richiesta di coinvolgere tutta la classe. Una decina di secondi e giunge la mail con il preventivo. Una brochure che elenca quanto una famiglia deve spendere per acquistare da un minimo di 20 a un massimo di 54 ore.

Il pacchetto, appositamente ideato, offre un tour della città ospitante, in questo caso Padova, e un giro della fondazione, in questo caso la “Fenice - Green Energy Park”, nonché corsi interattivi di robotica e non solo. «Non voglio entrare nel merito - afferma Andreas Spatharos, direttore della fondazione - ma voglio dire che offriamo il meglio dell'innovazione e della didattica del domani». Ed effettivamente la “Fenice - Green Energy Park” nel suo grande centro offre il meglio che si possa avere, peccato che sia a pagamento e non tutti possano permetterselo. «Forse il sistema dovrebbe essere perfezionato ed effettivamente pone delle domande sul principio egualitario del diritto allo studio ma rimango dell'idea che gli studenti devono confrontarsi con un futuro che sta cambiando, perché il mondo del lavoro sta completamente cambiando».



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La ricerca sul web è semplice. Bisogna scrivere sul motore di ricerca “alternanza scuola lavoro a pagamento”. Escamotage perfetto per presidi che non sono riusciti a far partire la convenzione con un'impresa. I più quotati sono i viaggi all'estero. Basta spendere da un minimo di 500 euro a un massimo 3.000 euro e l'alternanza prende le forme di un lussuoso college londinese.

Sul progetto che dovrebbe rivoluzionare l'educazione scolastica sono coinvolti un milione e cinquecento studenti. Blasonata, pubblicizzata, difesa. L'alternanza scuola lavoro è stata introdotta con la Buona Scuola di Matteo Renzi. L'obbligo è di svolgere quattrocento ore per gli istituti tecnici e duecento per i licei da diluire in tre anni.

Per capire lo scopo dell'alternanza e mettere in discussione il “fenomeno a pagamento” basta andare sul sito online, appositamente aperto dal Miur. Gli obiettivi sono: “arricchire la formazione”; “sviluppare la capacità di scelta”; “offrire l'opportunità di crescita personale”; “promuovere il senso di responsabilità”. Infine: “Accrescere l'autostima”. Ma anche: “Il percorso di alternanza scuola-lavoro offre agli studenti l’opportunità di inserirsi in contesti lavorativi adatti a stimolare la propria creatività”. E ancora: “Lo studente in alternanza non è mai un lavoratore, ma apprende competenze coerenti con il percorso di studi scelto in realtà operative”.

Da Nord a Sud, tra sfruttamento e incompetenza
Pisa, città della Scuola Normale Superiore, dove hanno studiato, solo per citarne alcuni, Carducci, Ciampi e Fermi, ma l'elenco potrebbe continuare per numerose righe, un gruppo di studenti del liceo classico e dell'Istituto tecnico ha passato il ponte dell'Immacolata vestito da elfo, scorrazzando per i vagoni di un treno. I ragazzi del liceo classico, in virtù delle loro doti letterarie, si sono occupati della stesura delle lettere da inviare direttamente a Babbo Natale. I meno fortunati si sono dovuti cimentare in spettacoli comici nel tentativo, a volte anche mal riuscito, di far divertire bambini e genitori.

Sicilia. Agrigento, comune di Ravanusa. Il sole è cocente. La spiaggia ancora vuota. La stagione balneare inizierà tra un mese. In mezzo alla sabbia, un ragazzino di 16 anni, iscritto al liceo Scientifico della zona, raccoglie bottiglie, infila dentro un sacchetto i mozziconi di sigarette. La spiaggia attende i turisti. Il suo unico pensiero è quella promessa fatta dalla scuola: partecipare ai lavori del museo marittimo. Sogno che non vedrà mai l'alba. La sua alternanza si ridurrà alla sola pulizia della spiaggia.

Veneto. Istituto alberghiero Sartor di Castelfranco. Ogni giorno la stessa richiesta: «Pulire a terra e spalare il letame». Doveva essere un'esperienza legata al percorsi di studi, si è tramutata in un lavoro estivo non retribuito. Caterina (nome di fantasia) del liceo della Scienze Umane Duca D'Aosta di Padova. A lei è stato affidato un bambino problematico senza avere alcuna competenza per svolgere un lavoro che richiede una laurea. La tutor che doveva seguirla si assenta per malattia, affidandole anche un'altra bambina. Chiede aiuto, ma nessuno l'ascolta. L'epilogo ha del grottesco: i bambini come biglietto di addio le hanno regalato un foglio con disegnata una tomba e scritte le uniche parolacce di loro conoscenza. Percorsi sbagliati e mal gestiti, ma che in alcuni casi possono creare un danno a bambini inconsapevoli.

Liceo Scientifico Newton di Roma. Si sono filmati. Hanno denunciato. Lavoravano in un call center. L'obiettivo era procacciare liberi professionisti per un nuovo portale web di proprietà al 49 per cento del loro insegnante. La preside, ben consapevole di dove stava mandando i suoi ragazzi, dopo il caos scatenato, ha deciso di ritirare la convenzione con l'azienda in questione. Liceo Artistico Modigliani di Padova, sempre secondo le testimonianze raccolte, la scuola si occupa di trovare l'alternanza a chi ha la media sopra l'8, chi è sotto deve cercarsela da solo.

Le storie si ammucchiano in un unico racconto che appare la fotografia di qualcosa di ben più malsano. I corsi sulla sicurezza delle aziende ospitanti, a volte, rimangono solo una promessa scritta, se non nei colossi industriali. Scarpe antinfortunistiche o caschetti, non è chiaro se siano a carico degli studenti o meno. E c'è chi, come un'intera classe di un liceo scientifico di Roma, è rimasto a prendere misure in un edificio pericolante con il rischio di farsi male, come invece è successo a La Spezia, dove un giovane, cadendo da un muletto si è fratturato tibia e perone. Ma l'alternanza scuola e lavoro agli studenti delle scuole superiori italiane è un'idea che piace, perché in questo marasma sconfinato di denunce ci sono preside che hanno saputo sfruttare l'occasione, offrendo ai loro alunni un'alternanza in musei, laboratori di ricerca e aziende specializzate.

Secondo il sondaggio fatto dalla Rete degli studenti Mesi, associazione studentesca presente in tutta Italia, su un campione di 4000 studenti, il 46.70 per cento non ha avuto un percorso personalizzato mentre il 90.7 di chi frequenta un liceo la giudica un'esperienza poco formativa. Programmi scolastici che vengono dimezzati, studenti che si dicono consapevoli dell'inutilità del progetto se non inerente con il percorso di studi. Sono loro, gli sfiduciati e figli di cattive esperienze, a proporre musei, luoghi stimolanti dove far crescere la mente. E invece, in molti casi, tutto appare diverso. Lontano.

Che fine hanno fatto i tutor
Dovevano essere il motore di questa grande rivoluzione scolastica. La spedizione dei mille, perché mille ne sono stati formati, promessa dalla ministra Fedeli e partita solo il 27 ottobre di quest'anno. Dovevano girare per le scuole con un un unico compito: formare i docenti. Troppo tardi, visto che l'alternanza è presente imperativo da numerosi mesi. E non è forse un caso che il 41.3 per cento (70.6 nei licei) nel sondaggio abbia sbarrato “insegnante scelto casualmente nel gruppo docenti”.

Meglio sempre del 5 percento (31.3 negli istituti tecnici) che non ha avuto un tutor interno alla scuola. «Siamo stati trattati come una generazione che non ha voglia di lavorare» dice un ragazzo della Rete. Poi alza lo sguardo: «Noi abbiamo voglia di lavorare, ma sappiamo che il mondo va avanti e che dobbiamo essere competitivi. Per imparare a legare pomodori abbiamo una vita, ma per far crescere la nostra Italia poco tempo». Si ferma un attimo: «Vogliamo solo avere dei progetti che siano formativi». E di questo si tratta, rispettare quello che il Miur ha promesso: “offrire l'opportunità di crescita personale”; “promuovere il senso di responsabilità”; “Accrescere l'autostima”; “sviluppare la capacità di scelta”. E infine: “Arricchire la formazione”.

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