mercoledì 12 settembre 2018

SOCIOLOGIA DELLA POLITICA. I. DIAMANTI, Il tempo della politica im-personale, REPUBBLICA.IT, 12 settembre 2018

È cambiato - e continua a cambiare - tutto nella politica italiana. E non solo italiana. Soggetti, attori, linguaggi, obiettivi. Eppure nel dopoguerra, per oltre quarant’anni, era cambiato poco. Tutto girava intorno ai “partiti” e ai “politici”. Partiti organizzati, presenti sul territorio, nella società. Sostenuti da militanti, simpatizzanti, elettori dichiarati. Partiti con un’idea, a volte un’ideologia, esibite come una bandiera. Insieme alla bandiera. Partiti guidati e diretti da leader “politici” selezionati dall’organizzazione e nell’organizzazione. Destinati a divenire politici a tempo pieno. Politici di professione.



Ebbene: quella stagione si è conclusa all’inizio degli anni Novanta. Spezzata dalle inchieste dei magistrati. Partiti e politici: dissolti dalle inchieste sul fenomeno della corruzione, che li aveva travolti, più che coinvolti. Anche perché, assai più del passato, erano stati sepolti dall’impopolarità. Dalla sfiducia. Così cominciò, allora, un’altra, nuova, stagione. Ai “politici di professione”, agli “imprenditori politici”, subentrarono i “professionisti”, gli “imprenditori in politica” e le imprese-partito. Ma anche i giudici e i magistrati-politici scesero in campo. Nell’arena politica. Insieme ai partiti-giustizieri, che rivendicarono giustizia e Valori per l’Italia (dei Valori). Artefici della vendetta dei cittadini contro la corruzione dei politici e dei partiti.  Il territorio e la società, in quel momento, perdono significato. È il tempo dei media e della televisione. Della politica come spettacolo e dello spettacolo della politica. Tuttavia, anche i magistrati e gli imprenditori in politica, dopo un po’, diventano “politici”. Mentre i partiti-impresa diventano “imprese politiche”.

E suscitano risentimenti, come i soggetti politici che li avevano preceduti. Anche perché la crisi economica alimenta la sfiducia dei cittadini. Mentre i media di massa, per prima la televisione, consumano presto la fiducia e il consenso “personale”. Così, nel secondo decennio degli anni Duemila, la Seconda Repubblica dei partiti-impresa e dei partiti-giustizieri viene contrastata dai Partiti-non partiti. Dagli im-politici di professione. Finanzieri, banchieri, attori, comici che usano in modo “professionale” i media perché, appunto, sono “professionisti”. Dei media. Il territorio e la società scompaiono. Restano solo le persone. I “partiti personali”. Persone senza partiti. Perfino i media cambiano definizione. Ruolo. Perché l’immagine stessa logora i protagonisti. Mentre chi non ha immagine scompare. Il nuovo territorio è la “rete”. Il nuovo mito: la democrazia diretta. Dove tutti partecipano, tutti decidono. La “piazza digitale” lo permette. E promuove una “democrazia im-mediata”, senza mediazioni e senza mediatori. Dove “ognuno vale uno”. Dove ognuno può parlare, senza filtri. Può gridare, inveire.  Dove l’unica presenza del sociale è il “social”.

Mamma mia… Mi si perdoni l’esclamazione retrò. Ma io, davvero, mi sento “retrò”. Anche se ho cominciato a usare la rete e i pc (non il PCI…) negli anni Ottanta. Quando i computer erano ancora oggetti rari. Occupavano tavoli enormi. I portatili pesavano 10 chili. Eppure, io non mi sono ancora rassegnato E anche se, per professione, affronto ogni innovazione politica, della politica, dei partiti, dei politici, della “comunicazione”, anche se le complicazioni politiche per me sono “lavoro”, non riesco a trattenere la nostalgia. Della “Democrazia dei partiti”. Della politica, dei partiti e dei politici quand’erano interpretati da persone. Presenti e visibili. Sul territorio. Lo ammetto: ho nostalgia. Della politica, dei politici e dei partiti degli anni Settanta e perfino Ottanta. Quelli che io stesso, come gran parte degli italiani, ho guardato con crescente sospetto e dispetto. Quelli che erano - sono – divenuti impresentabili e e impronunciabili. La “casta”. Ho nostalgia del tempo che precede la televisione. E, ovviamente, la rete. Tuttavia, non lo nego: è “anche” una nostalgia biografica. Perché allora ero giovane. Almeno: più giovane…
Pensate: avevo perfino i capelli. Lunghi …

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