venerdì 27 luglio 2012

MOVIMENTI, PARTITI E IDEE POLITICHE IN ITALIA. DESTRA. BESANA R., Tornare a Itaca, 16 luglio 2012

Un'idea di movimento, un ritorno che sia punto di ritrovo. Sopra la banca la Patria campa, sotto la banca la Patria crepa; valeva al tempo di Ciampi e ora è anche peggio.

Se a suscitare tante accese reazioni sono bastati due articoli di giornale, uno di Marcello Veneziani sul “Secolo” e uno mio su “Libero”, vuol dire che l’argomento affrontato aveva, come i decreti legge, le caratteristiche della necessità e, speriamo, dell’urgenza: sottrarre all’afasia e all’inconsistenza una parte importante della politica italiana, riunendo le tribù in cui si è frammentata. Destra, siamo tutti d’accordo, è parola logorata dall’uso e riuso, come sinistra del resto, ma è difficile fare a meno delle vecchie signore che, da due secoli a questa parte, tante volte si sono scambiate di posto. Tutti vorrebbero spingersi oltre la destra e oltre la sinistra, e magari oltre il centro, ma non c’è scelta, almeno finché le aule parlamentari saranno disposte a emiciclo e il criterio geometrico rimarrà il più semplice per capire da che parte si sta. Se Camera e Senato fossero come i cinema di una volta, con la platea e la galleria, potremmo divederci in insuisti e ingiuisti, rubando i neologismi a un aureo librino di Montanelli; al momento, però, tocca accontentarsi. Giusto vent’anni fa Giuseppe Sermonti, nell’aprire un convegno promosso da “L’Italia settimanale”, si affidò alla parafrasi ironica di uno scioglilingua per riassumere gli effetti del governo Ciampi: “Sopra la banca la patria campa, sotto la banca la patria crepa”. Non ci siamo mossi di lì; anzi, appena toccato il fondo, abbiamo cominciato a scavare. Oggi siamo soggetti a un governo d’occupazione, per il quale lo Stato è il gabelliere della finanza mondialista. Politici di lungo corso, in evidente stato confusionale, cercano di rubarsi la battuta in quella forma di avanspettacolo che va sotto il nome di talk-show. Il Pdl, concepito come un mero comitato elettorale, non è mai riuscito a trasformarsi in un partito vero: perso il potere, ha perso tutto, proprio come accadde a Dc e Psi nel declino della prima repubblica. Gli elettori gli hanno voltato le spalle; le diverse anime che pur detestandosi hanno convissuto sotto l’ombrello berlusconiano cercano di riprendersi ciascuna la propria identità, cattolica o socialista o d’impronta liberale. Una manca all’appello. L’ultima volta che è stata intravista era intenta a celebrare lo scioglimento della sigla nella quale aveva sperato di riconoscersi. Per carità: nessuna nostalgia per la diafana Alleanza nazionale, né per le care memorie del vecchio Msi. Grandi battaglie, grandi illusioni, grandi sconfitte: non è il caso di rivangare. Neppure è il caso, tuttavia, di assistere a braccia conserte, magari invocando, in bilico tra nobiltà e narcisismo, le ragioni del disincanto. È questo il momento di rivoltarsi le maniche, per quel poco o quel tanto che si può. Mai come ora il nostro squinternato Paese, spossato dall’ideologia, ha bisogno di una destra: per ristabilire il senso dello Stato, emancipandolo dalle fameliche clientele che lo spolpano; per reclamare la preminenza degli interessi nazionali; per restituire una speranza a chi l’ha perduta. E l’agenda certo non finisce qui. L’Italia, come cento anni fa, è tornata a essere la Grande Proletaria che cerca di alzare la fronte al cospetto delle potenze egemoni. Serve una seconda ricostruzione, morale e materiale. Questo è Itaca: un’idea in movimento, un ritorno che sia punto di ritrovo dal quale intraprendere un nuovo viaggio. Ci si vede domenica 15 luglio al Monastero Valledacqua, ad Acquasanta Terme. Benvenuti a bordo.

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