martedì 26 febbraio 2013

ELEZIONI IN ITALIA. RISULTATI. I VOTI AI PARTITI FRA IL 2008 E IL 2013. RENATO MANNHEIMER, Record delle astensioni Il Pd è il vero sconfitto, IL CORRIERE DELLA SERA, 26 febbraio 2013


La partecipazione alle urne la più bassa dal 1946

Malgrado, nel momento in cui scriviamo, molti dati siano ancora provvisori, sono relativamente chiari alcuni aspetti caratterizzanti questa elezione.



1) La sensibile diminuzione della partecipazione. Che risulta essere stata la più bassa di tutta la storia repubblicana, dal 1946 ad oggi. Come si è già accennato, ciò è dovuto in parte al progressivo invecchiamento della popolazione, ma, soprattutto, alla disaffezione dell’elettorato. Nel 2006 il 57% dichiarava di essersi interessato alla campagna elettorale. Nel 2008 era il 55%. Oggi siamo sotto il 52%.
Malgrado tutte le novità dello scenario politico, sempre meno gente lo segue. Un segnale importante di cui, nei primi commenti, non si è sembrato tenere sufficientemente conto.
2) Il grande successo del M5S di Grillo, che in diverse regioni, e forse in Italia, risulta essere il primo partito in assoluto. Anche questo fenomeno dipende in larga misura dal distacco—ma più spesso dal disprezzo — verso i partiti tradizionali e l’azione che essi hanno condotto sin qui. Ancora nell’ultimo anno, l’incapacità delle forze politiche di realizzare alcuni obiettivi minimi (tra quelli più attesi dalla popolazione, vi erano soprattutto il taglio del numero dei parlamentari e dei costi della politica, ma anche riforme come quella elettorale) che pure avevano promesso di effettuare ha certo contato. Ma ha avuto un ruolo importante anche il succedersi degli scandali e l’evidenziarsi di vere e proprie malversazioni operate da questo o quel personaggio politico. Di qui la decisione di circa un italiano su quattro di scegliere la strada più semplice: quella della protesta sintetizzata dal «vaffa». Non sempre propositiva, ma efficace. È anche stato importante il fatto che Grillo abbia utilizzato, meglio di tutti gli altri, la comunicazione in rete. Più di un italiano su tre, infatti, dichiara di avere attinto dal web dati utili alla decisione di voto. L’elettorato di Grillo è costituito in larga misura da giovani, ma si estende in misura significativa anche nelle altri classi di età, con l’esclusione degli ultra 65. Si tratta in buona misura di persone con titolo di studio medio-alto e provenienti da tutto l’arco politico, con una accentuazione però tra chi rifiuta del tutto di collocarsi sul continuum sinistra-destra e chi, in precedenza, ha votato per il centrosinistra.
3) Quest’ultimo, in particolare il Pd, sembrerebbe, sulla base dei primi dati, subire un arretramento rispetto alle aspettative maturate in questi mesi. Ciò potrebbe essere dovuto anche ad una campagna elettorale condotta manifestando sempre la certezza della vittoria (e per questo talvolta poco propositiva), ma, specialmente, a causa dell’erosione nei confronti di Grillo, anche da parte di una quota dei votanti per Renzi alle primarie. Il partito di Bersani potrebbe cioè essere in una certa misura stato assimilato agli altri partiti («sono tutti uguali» ci ha detto un intervistato ex-pd) anche un segmento del suo elettorato tradizionale. Che, spinto dall’esasperazione e dalla protesta, ha finito con l’optare per Grillo. Col risultato che il Pd è, assieme a Monti, il vero sconfitto politico di queste elezioni.
4) Il Pdl pare avere ottenuto più voti (ma, per quel che riguarda il Senato, specialmente più regioni decisive) di quanto non fosse previsto. Da questo punto di vista la campagna elettorale e, in particolare, la promessa di rimborso dell’Imu è stata certo efficace. Ma occorre ricordare al tempo stesso che i consensi per il partito di Berlusconi sono comunque assai meno di quanti ottenne alle ultime politiche nel 2008. Segno, in ogni caso, di una crisi di consenso che, in parte, si estende anche alla Lega.
Le difficoltà di sondaggi e proiezioni. Occorre dire che i metodi seguiti in Italia sono, nella maggior parte dei casi, altrettanto rigorosi di quelli adottati nel resto d’Europa e negli Usa. Il problema si pone quando (era già successo nel 1994 con la discesa in campo di Berlusconi) cambia completamente il quadro politico. Non a caso, alla richiesta «quando ha deciso cosa votare?» la percentuale di chi dice «da sempre», segno della stabilità del voto, è crollata dal 53% del 2008 al 35% di oggi. E si è accresciuta moltissimo la percentuale dei voti «last minute», decisi l’ultima settimana, passata dal 20% al 35%. Questo radicale mutamento potrebbe avere reso, ad esempio, più problematica la formazione dei campioni delle proiezioni, che si basano sul voto passato e gli algoritmi utilizzati per pesare le risposte che pure utilizzano quest’ultimo. Per la verità, alcune ricerche effettuate gli ultimi giorni si sono molto avvicinate al risultato. Ma resta il fatto che, sulla base anche di questa esperienza, molte metodologie vadano seriamente riesaminate.

Nessun commento:

Posta un commento