domenica 3 febbraio 2013

SULLA DESTRA ITALIANA E SU BERLUSCONI. INTERVISTA CON MASSIMO RECALCATI, Mollare vuol dire affrontare la morte, IL FATTO, 7 dicembre 2012

Nietzsche afferma che la saggezza più grande per un uomo è quella di saper uscire di scena al momento giusto.
Questa massima non sembra ispirare il nostro ex Presidente del Consiglio.
Nel caso di Berlusconi essere sulla scena sembra una questione di vita o di morte”. Massimo Recalcati, psicanalista lacaniano, fotografa le ragioni psicologiche che stanno dietro ai comportamenti di Berlusconi (di cui si è occupato in molti dei suoi saggi), alle tante annunciate uscite di scena e altrettanti ritorni in campo.


Professor Recalcati, perché Berlusconi non molla?
Uscire di scena, saper tramontare, è la saggezza più grande perché rivela la capacità di non credere troppo al proprio Io, a quell’Io che crediamo di essere. Sappiamo che le vecchie glorie del passato fanno fatica a scegliere la via del tramonto restando aggrappate disperatamente ai sembianti del loro antico prestigio.
Ci vuole una potenza nevrotica enorme per tenere in ostaggio ancora una volta un intero paese.
Per Berlusconi è questione di vita o di morte. Senza l’Io illuminato dai riflettori e dai sondaggi di popolarità sarebbe costretto a confrontarsi con il senso dei propri limiti e della propria morte. Per questa ragione il palcoscenico televisivo non era più sufficiente e doveva necessariamente dilatarsi nell’arena politica. Certo si trattava di difendere i proprio interessi economici. Ma non solo. Si trattava di difendere anche la propria immagine fallica.
Oggi, cosa sta cercando di salvare rimanendo sulla scena?
Deve salvare la propria potenza fallica dal declino alla quale essa è fatalmente consegnata. Il fantasma berlusconiano incrocia quello del marchese De Sade: rendere il godimento eterno, sottratto allo scorrere del tempo e alla morte. Da questo punto di vista l’impossibilità di congedarsi definitivamente dalla sua carriera politica - come invece fece a suo tempo Prodi - non segnala tanto l’attaccamento al potere, ma l’impossibilità di esistere senza occupare la scena del mondo come protagonista. La psicoanalisi chiama questo angoscia di castrazione.
Ma perché negli ultimi mesi ha cambiato idea e posizione prima di tutto sul suo futuro tante volte?
È difficile rispondere a questo. Quel che è certo è che quest’uomo non sa accettare la dimensione finita dell’esperienza, la dimensione del lutto. Questa incertezza è dovuta al fatto che pur sapendo che il suo tempo è politicamente esaurito, da una parte percepisce, dall’altra lo nega.
Cosa vuol dire questo per l’Italia?
Deleuze diceva che non c’è niente di peggio che scoprirsi prigionieri del sogno di un altro. È quello che rischiano gli italiani con una nuova discesa in campo di Silvio Berlusconi.
Ma come mai ha ancora tanta forza, che nessuno, a cominciare dal suo partito, è in grado di fermarlo?
Come padre titanico non ha fatto crescere figli. Piuttosto li mangia: basta pensare al povero Alfano

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