sabato 4 aprile 2015

DA BERLUSCONI A RENZI. PASSAGGI EPOCALI. F. VERDERAMI, Quando Berlusconi disse a Renzi: un giorno tutto questo sarà tuo, CORRIERE DELLA SERA, 4 aprile 2015

In fondo Berlusconi ci aveva visto giusto, non a caso invitò Renzi ad Arcore promettendogli che «un giorno tutto questo sarà tuo». Non è chiaro se vedesse in quel «simpatico ragazzo» un talento da cavalcare o una minaccia da scongiurare, è certo che a distanza di qualche anno Renzi si sta prendendo ciò che gli era stato offerto, senza nemmeno chiedere permesso. La migrazione da Forza Italia verso il Pd è iniziata: «Bondi l’ha fatto e anche Verdini ormai aspetta solo una scusa per andarsene». Berlusconi è consapevole che la ferrea legge della natura, cioè della politica, non fa concessioni nemmeno a chi per venti anni è stato il re della foresta nel Palazzo. 


E infatti ieri il ruggito con cui voleva richiamare all’ordine quanto resta del suo branco, non ha sortito effetti. Anzi, persino il candidato del centrodestra in Puglia, Schittulli, gli ha voltato le spalle, costringendo il vecchio leader a inseguirlo per non restare fuori da quel laboratorio dove pezzi dell’ex Pdl - da Fitto ad Alfano - tentano una ricostruzione che verrà provata anche in Veneto con l’appoggio a Tosi. Sono esperimenti, e in quanto tali possono essere fallaci. Ma testimoniano un’idea di progetto, guardano al futuro. 
Berlusconi sembra invece vincolato a un presente che è denso di recriminazioni e di angosce. Vive con ansia l’attesa di una libertà che non è stata pienamente ritrovata, «ancora non mi hanno restituito il passaporto», ed è mosso da un forte disappunto verso quel «simpatico ragazzo» che si è trasformato in un «furbastro di cui non ci si può fidare», perché si è «rivelato uno di quelli». Cioè un «comunista». O meglio, ai suoi occhi il segretario del Pd ha acquisito i loro stessi difetti: «I comunisti, per esempio, sono sempre stati abili nel truccare le elezioni. E Renzi, in una delle occasioni in cui ci siamo incontrati, mi ha raccontato che alle primarie contro Bersani venne fregato. “La volta dopo - mi disse - siccome avevo capito come facevano, li ho fregati io”. Capite il personaggio?». 
Si capisce anche la sofferenza di Berlusconi, un visionario che un tempo fece di un acquitrino una città, che sfidò la Rai con una tv del sottoscala, che trasformò un club in fallimento nella squadra di calcio più titolata al mondo, che scese in campo per entrare subito a palazzo Chigi, ma che oggi non riesce a calarsi nei panni del padre nobile, siccome il padrun sa solo comandare e vincere. E per una parvenza di vittoria ha quietato l’impulso di andare da solo alle Regionali, acconciandosi all’alleanza con la Lega, «perché non possiamo dare anche il Veneto a Renzi». Pur di prendersi la rivincita sul «furbastro», ha subìto senza replicare le battutacce di Salvini. 
L’ultima dev’esser stata una coltellata al cuore e ai suoi ricordi, perché quando si è ventilata l’ipotesi che l’ex premier potesse candidarsi a sindaco di Milano, il capo del Carroccio ha commentato: «Dopo Pisapia, chiunque può farlo». È vero che Berlusconi aveva accarezzato quella idea, ma per presentarsi in politica non per accomiatarsene. È una storia che risale al ‘93 e che riaffiora nella testimonianza di un ex parlamentare del Ppi, Duilio, catapultato a fare il vice commissario della Dc milanese, a fianco di Bodrato, nei mesi tremendi di Tangentopoli, quando «sui vetri della sede del partito si sentiva il rumore metallico delle cento lire». 
Per anni Duilio era stato il responsabile dell’Agenzia di formazione per l’impegno sociale e politico nella diocesi lombarda, a diretto contatto con il cardinal Martini, che lo assecondò nella nuova intrapresa quando a chiamare fu Martinazzoli. Duilio seppe delle intenzioni di Berlusconi durante una riunione dei dirigenti democristiani dell’epoca in via Mirone: «Era giugno, c’erano appena state le elezioni per il comune di Milano, e noi - che avevamo candidato Bassetti - eravamo stati sconfitti dalla Lega con Formentini. Ricordo che, mentre si discuteva sul da farsi, il professor Moioli, docente alla Statale, pronunciò quel nome». 
«Quel nome» allora evocava solo un tycoon delle tv legato a Craxi, e vissuto con ostilità dalla sinistra dc. «Perciò - rammenta Duilio - non capii subito cosa c’entrasse. Tranne quando ci fu detto che proprio lui, prima del voto, aveva fatto sapere che sarebbe stato seriamente intenzionato a candidarsi per palazzo Marino, che era disponibile se noi avessimo accettato. Forse Bodrato ne parlò con Martinazzoli o forse no, ma con il senno di poi si può dire che sarebbe stato un evento che avrebbe forse cambiato il corso delle cose». 
Chissà se Berlusconi ne ha fatto cenno a Salvini dopo la sua dichiarazione, più probabilmente si sarà tenuto stretto il ricordo. Perché i ricordi si confidano agli amici, non ai «furbastri». Siano avversari o alleati. 

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