domenica 5 aprile 2015

CRISI DI CIVILTA' FRA BAUMAN, GRAMSCI E PASOLINI. P. MISURACA, Bauman, Pasolini, Gramsci, IL MANIFESTO, 4 aprile 2015

Zyg­munt Bau­man è un socio­logo esperto, ma non cono­sce Paso­lini, e non cono­sce bene Gram­sci – di con­se­guenza non rie­sce a spie­gare que­sta crisi che stiamo vivendo, nono­stante ci scriva sopra un libro dopo l’altro.


L’ultimo l’ha scritto con Carlo Bor­doni socio­logo pure lui, s’intitola Stato di crisi(Einaudi 2015), e non solo non spiega la crisi intera, ma nem­meno la crisi dello Stato, sulla quale è incen­trato — seb­bene sia pieno di descri­zioni dei feno­meni che la caratterizzano.
Ma nella scienza non bastano i come, le foto­gra­fie, ser­vono i per­ché, ser­vono i con­cetti. Lo Stato “non ha i mezzi” per affron­tare la crisi. Giu­sto, ma per­ché? “Seria­mente svuo­tati di potere e sem­pre più inde­bo­liti, i governi degli Stati sono costretti a cedere una dopo l’altra le fun­zioni un tempo con­si­de­rate mono­po­lio natu­rale e ina­lie­na­bile degli organi poli­tici sta­tali”. Vero, ma perché?
Il come, nel caso di Bau­man, è costan­te­mente rife­rito alla meta­fora che l’ha reso cele­bre: la moder­nità liquida. Siamo pas­sati dallo stato solido (moder­nità) allo stato liquido (post­mo­der­nità). Ma dove stiamo andando, dice Bau­man, non si sa: “Nei nostri tempi si accu­mu­lano prove su prove che i vec­chi, fami­liari e com­pro­vati modi di fare le cose non fun­zio­nano più, men­tre di nuovi che li pos­sano sosti­tuire non se ne vedono”. Non si sa e non si può sapere: “L’inizio o la fine di un’era non sono cono­sci­bili da chi vi si trova immerso.”
Ma per­ché si è pas­sati dallo “stato solido” allo “stato liquido” nell’economia, nella poli­tica, nella morale, nella cul­tura? Il per­ché è per Bau­man quello che l’uva è per la volpe (che non rie­sce a rag­giun­gerla): non­dum matura est, nolo acer­bam sumere — non è matura, non voglio man­giarla acerba.
In tutto il libro sono citati da Bau­man e Bor­doni cen­ti­naia di autori che si arro­vel­lano sullo Stato e sulla crisi. Paso­lini non c’è. Per­ché dovrebbe esserci? Per­ché (come ho mostrato in que­sti anni in que­sta rubrica) Paso­lini, negli Scritti cor­sarie nelle Let­tere lute­rane degli anni Set­tanta del Nove­cento, ha risco­perto la dimen­sione epo­cale di que­sta crisi, che chia­mava “fine del mondo”, e indi­vi­duato l’insorgere di nuove forme di fascismo.
E per­ché dovrebbe esserci e in grande stile Gram­sci – che invece fa solo una com­par­sata con la cita­zione del ter­mine “inter­re­gno”? Per­ché Gram­sci, nei Qua­derni del car­cere, ha sco­perto per primo, negli anni Trenta del Nove­cento, la dimen­sione epo­cale di que­sta crisi, che chia­mava “crisi orga­nica”, ed ha cri­ti­cato radi­cal­mente i tre primi ten­ta­tivi regio­nali di rispo­sta ad essa: il comu­ni­smo, il fasci­smo, l’americanismo.
Il con­cetto di crisi di civiltà è neces­sa­rio per spie­gare il per­ché di que­sta crisi. Ed è neces­sa­rio per pro­get­tare il suo effet­tivo supe­ra­mento, che è pos­si­bile, anzi è in corso: dalle ceneri della civiltà moderna sta nascendo infatti una nuova e supe­riore civiltà, carat­te­riz­zata dalla dif­fu­sione di un ‘tipo umano’ che si può defi­nire “crea­tivo, auto­nomo, solidale”.
Ma que­sto non lo sanno i poli­tici e gli intel­let­tuali e gli scien­ziati esperti di crisi, che “non sanno quando stanno andando” (Cor­rado Guz­zanti) e, vedi Bau­man, teo­riz­zano que­sta debo­lezza cono­sci­tiva come pro­pria­mente con­tem­po­ra­nea. Mi ricorda quel fran­cese “che nel suo biglietto da visita aveva fatto stam­pare «con­tem­po­ra­neo»”. (Qua­derno 11)

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