sabato 13 ottobre 2012

ITALIA. IDEE, MOVIMENTI E PARTITI POLITICI. CARTA DI INTENTI DEL PD, PSI E SEL PER LE PROSSIME ELEZIONI POLITICHE


ITALIA BENE COMUNE. Carta di intenti
Pier Luigi Bersani ha assicurato che il nuovo patto per la coalizione di centrosinistra sarà vincolante, per non ripetere l'esperienza del passato. «Governare non è facile per nessuno e non possiamo deludere il Paese», ha detto il segretario del Pd, presentando la Carta d'intenti con Nichi Vendola e Riccardo Nencini. «Ci siamo presi degli impegni reciproci e vincoli di organizzazione», ha assicurato. «Il prossimo giro non si governa senza popolo».




Noi democratici e progressisti ci riconosciamo nella Costituzione repubblicana, in un progetto
di società di pace, di libertà, di eguaglianza, di laicità, di giustizia, di progresso e di solidarietà. Vogliamo
contribuire al cambiamento dell’Italia, alla ricostruzione delle sue istituzioni, alla pienezza
sua della vita democratica. Per questo promuoviamo le elezioni primarie. Per scegliere il candidato
comune dei democratici e dei progressisti alla guida del governo del nostro Paese.
La prossima legislatura dovrà affrontare tre compiti decisivi. Guidare l’economia fuori dalla crisi. Ridare
autorità, efficienza e prestigio alle istituzioni e alla politica, ripartendo dai principi della Costituzione.
Rilanciare l’unità e l’integrazione politica dell’Unione Europea.
Noi non crediamo alle bugie delle promesse facili, quelle vendute nel decennio disastroso della destra.
Crediamo, invece, in un risveglio della fiducia, a cominciare dai giovani e dalle donne. I problemi
sono enormi e il tempo per aggredirli si accorcia. Le scelte da compiere non sono semplici né scontate.
Ma la speranza che ci muove vive tutta nella convinzione che si possano combinare cambiamento
e affidabilità, uguaglianza e rigore nelle scelte.
Il nostro posto è in Europa. Noi collocheremo sempre più saldamente l’Italia nel cuore di un’Europa
da ripensare su basi democratiche.
In “casa” dovremo colmare la faglia che si è scavata tra cittadini e politica. Qui non bastano le
parole. Serviranno i comportamenti, le azioni, le coerenze. Faremo in modo che buona politica e riscossa
civica procedano affiancate. Il traguardo è ricostruire quel patrimonio collettivo che la destra
e i populismi stanno disgregando: la qualità della democrazia, la legalità, la cittadinanza, la partecipazione.
La realtà è che mai come oggi nessuno si salva da solo. E nessuno può stare bene davvero,
se gli altri continuano a stare male: è questo il principio a base del nostro progetto, sia nella sfera
morale e civile che in quella economica e sociale.
Vogliamo che il destino dell’Italia sia figlio della migliore civiltà europea e vogliamo sentirci vicino a
chi nel mondo si batte per la libertà e l’emancipazione di ogni essere umano. Oggi, in un mondo
in subbuglio, pace, cooperazione, accoglienza devono ispirare di nuovo l’agire politico. Nella coscienza
delle donne e degli uomini come nella diplomazia degli Stati.
Con questa visione noi, democratici e progressisti, ci candidiamo alla guida dell’Italia.
Europa
La crisi che scuote il mondo mette a rischio l’Europa e le sue conquiste di civiltà. Ma noi siamo l’Europa,
nel senso che da lì viene la sola possibilità di salvare l’Italia: le sorti dell’integrazione politica coincidono
largamente col nostro destino. Non c’è futuro per l’Italia se non dentro la ripresa e il rilancio del progetto
europeo. La prossima maggioranza dovrà avere ben chiara questa bussola: nulla senza l’Europa.
Per riuscirci agiremo in due direzioni. In primo luogo, rafforzando la piattaforma dei progressisti
europei. Se l’austerità e l’equilibrio dei conti pubblici, pur necessari, diventano un dogma e un obiettivo
in sé – senza alcuna attenzione per occupazione, investimenti, ricerca e formazione – finiscono
per negare se stessi. Adesso c’è bisogno di correggere la rotta, accelerando l’integrazione politica,
economica e fiscale, vera condizione di una difesa dell’Euro e di una riorganizzazione del nostro
modello sociale. In secondo luogo, bisogna portare a compimento le promesse tradite della moneta
unica e integrare la più grande area economica del pianeta in un modello di civiltà che nessun’altra
nazione o continente è in grado di elaborare.
Salvare l’Europa nel pieno della crisi significa condividere il governo dell’emergenza finanziaria secondo
proposte concrete che abbiamo da tempo avanzato assieme ai progressisti europei. Tali proposte
determinano una prospettiva di coordinamento delle politiche economiche e fiscali. E dunque
nuove istituzioni comuni, dotate di una legittimazione popolare e diretta. A questo fine i progressisti
devono promuovere un patto costituzionale con le principali famiglie politiche europee. Anche per
l’Europa, infatti, la prossima sarà una legislatura costituente in cui il piano nazionale e quello continentale
saranno intrecciati stabilmente. Una legislatura nella quale l’orizzonte ideale degli Stati
Uniti d’Europa dovrà iniziare ad acquistare concretezza in una nuova architettura istituzionale dell’eurozona.
Qui vive la ragione più profonda che ci spinge a cercare un terreno di collaborazione con le forze
del centro liberale. Per questo i democratici e i progressisti s’impegnano a promuovere un accordo
di legislatura con queste forze, sulla base della loro ispirazione costituzionale ed europeista e di una
responsabilità comune di fronte al passaggio storico, unico ed eccezionale, che l’Italia e l’Europa
dovranno affrontare nei prossimi anni. Collocare il progetto di governo italiano nel cuore della sfida
europea significa costruire un progetto alternativo alle regressioni nazionaliste, anti-europee e populiste,
da sempre incompatibili con le radici di un’Europa democratica, aperta, inclusiva.
Democrazia
Dobbiamo sconfiggere l’ideologia della fine della politica e delle virtù prodigiose di un uomo solo
al comando. E’ una strada che l’Italia ha già percorso, e sempre con esiti disastrosi. Per noi il populismo
è il principale avversario di una politica autenticamente popolare. In questi ultimi anni esso è
stato alimentato da un liberismo finanziario che ha lasciato i ceti meno abbienti in balia di un mercato
senza regole. La destra populista ha promesso una illusoria protezione dagli effetti del liberismo
finanziario innalzando barriere culturali, territoriali e a volte xenofobe.
La sola vera risposta al populismo è la partecipazione democratica. La crisi della democrazia non si
combatte con “meno” ma con “più” democrazia. Più rispetto delle regole, una netta separazione
dei poteri, una vera democrazia paritaria e l’applicazione corretta e integrale di quella Costituzione
che rimane tra le più belle e avanzate del mondo. Siamo convinti che il suo progetto di trasformazione
civile, economica e sociale sia vitale e per buona parte ancora da mettere in atto.
L'autonomia, la responsabilità e la libertà femminile sono una leva per la crescita e una risposta alla
crisi democratica. C'è un nesso strettissimo tra il maschilismo e l'offesa alla dignità delle donne incarnati
in questi anni dal berlusconismo e il degrado delle istituzioni democratiche. Il riconoscimento
della soggettività femminile e l’attuazione del principio della democrazia paritaria sono oggi condizioni
essenziali per la ricostruzione del Paese.
Vogliamo dare segnali netti all’Italia onesta che cerca nelle istituzioni un alleato contro i violenti, i
corruttori e chiunque si appropri di risorse comuni mettendo a repentaglio il futuro degli altri. Per
noi ciò equivarrà alla difesa intransigente del principio di legalità, a una lotta decisa all’evasione fiscale,
al contrasto severo dei reati contro l’ambiente, al rafforzamento della normativa contro la
corruzione e a un sostegno più concreto agli organi inquirenti e agli amministratori impegnati
contro mafie e criminalità, vero piombo nelle ali per l’intero Paese. Vogliamo contrastare tutte le
mafie, reprimendone sia l'azione criminale che l'immensa forza economica. La presenza dei capitali
mafiosi, a maggior ragione in un momento di crisi, è un elemento devastante per ogni prospettiva
di rilancio del paese. Va reciso ogni legame o sospetto di complicità di alcuni rappresentanti politici.
La rigorosa applicazione del codice etico approvato dalla Commissione antimafia è per noi inderogabile
per le candidature a tutti i livelli.
Sulla riforma dell’assetto istituzionale, siamo favorevoli a un sistema parlamentare semplificato e
rafforzato, con un ruolo incisivo del governo e la tutela della funzione di equilibrio assegnata al
Presidente della Repubblica. Riformuleremo un federalismo responsabile e bene ordinato che faccia
delle autonomie un punto di forza dell’assetto democratico e unitario del Paese. Sono poi essenziali
norme stringenti in materia di conflitto d’interessi, legislazione antitrust e libertà dell’informazione.
Daremo vita a un percorso riformatore che assicuri concretezza e certezza di tempi alla funzione
costituente della prossima legislatura.
Infine, ma non è l’ultima delle priorità, la politica deve recuperare autorevolezza, promuovere il rinnovamento,
ridurre i suoi costi e la sua invadenza in ambiti che non le competono. Serve una politica
sobria perché se gli italiani devono risparmiare, chi li governa deve farlo di più. A ogni livello istituzionale
non sono accettabili emolumenti superiori alla media europea. Ma anche questo non basta.
Va approvata una riforma dei partiti, che alla riduzione del finanziamento pubblico affianchi una
legge di attuazione dell’articolo 49 della Costituzione, che assicuri la democrazia dei e nei partiti,
che devono riformarsi per essere strumento dei cittadini e non luogo opaco di interessi particolari.
Bisogna agire per la semplificazione e l’alleggerimento del sistema istituzionale e amministrativo.
Occorrono piani industriali per ogni singola amministrazione pubblica al fine di produrre efficienza
e risparmio. Riconoscere il limite della politica e dei partiti significa anche aprire il campo alle richieste
d’impegno e mobilitazione che maturano nella società ed alle competenze che si affermano. Tutto
ciò dovrà essere messo in atto a cominciare dalle nomine in enti, società pubbliche e autorità di
sorveglianza e da rinnovati criteri di selezione nelle funzioni di governo.
Lavoro
La nostra visione assume il lavoro come parametro di tutte le politiche. Cuore del nostro progetto
è la dignità del lavoratore da rimettere al centro della democrazia, in Italia e in Europa. Questa è
anche la premessa per riconoscere la nuova natura del conflitto sociale. Fulcro di quel conflitto non
è più solo l’antagonismo classico tra impresa e operai, ma il mondo complesso dei produttori, cioè
delle persone che pensano, lavorano e fanno impresa. E questo perché anche lì, in quella dimensione
più ampia, si stanno creando forme nuove di sfruttamento. Il tutto, ancora una volta, per garantire
guadagni e lussi alla rendita finanziaria. Bisogna perciò costruire alleanze più vaste. La battaglia per
la dignità e l’autonomia del lavoro, infatti, riguarda oggi la lavoratrice precaria come l’operaio sindacalizzato,
il piccolo imprenditore o artigiano non meno dell’impiegato pubblico, il giovane professionista
sottopagato al pari dell’insegnante o della ricercatrice universitaria.
Il primo passo da compiere è un ridisegno profondo del sistema fiscale che alleggerisca il peso sul
lavoro e sull’impresa, attingendo alla rendita dei grandi patrimoni finanziari e immobiliari. Quello
successivo è contrastare la precarietà, rovesciando le scelte della destra nell’ultimo decennio e in
particolare l’idea di una competitività al ribasso del nostro apparato produttivo, quasi che, rimasti
orfani della vecchia pratica che svalutava la moneta, la risposta potesse stare nella svalutazione e
svalorizzazione del lavoro. Il terzo passo è spezzare la spirale perversa tra bassa produttività e compressione
dei salari e dei diritti, aiutando le produzioni a competere sul lato della qualità e dell’innovazione,
punti storicamente vulnerabili del nostro sistema. Quarto passo è mettere in campo
politiche fiscali a sostegno dell’occupazione femminile, ancora adesso uno dei differenziali più negativi
per la nostra economia, in particolare al Sud. Serve un grande piano per aumentare e migliorare
l’occupazione femminile, contrastare la disparità nei redditi e nelle carriere, sradicare i pregiudizi
sulla presenza delle donne nel mondo del lavoro e delle professioni. A tale scopo è indispensabile
alleggerire la distribuzione del carico di lavoro e di cura nella famiglia, sostenendo una riforma del
welfare, politiche di conciliazione e condivisione e varando un programma straordinario per la diffusione
degli asili nido. Anche grazie a politiche di questo tipo sarà possibile sostenere concretamente
le famiglie e favorire una ripresa della natalità. Insomma sul punto non servono altre parole:
bisogna fare del tasso di occupazione femminile e giovanile il misuratore primo dell’efficacia di tutte
le nostre strategie.
Infine, il lavoro è oggi per l’Italia lo snodo tra questione sociale e questione democratica. Fondare
sul lavoro e su una più ampia democrazia nel lavoro la ricostruzione del Paese non è solo una scelta
economica, ma l’investimento decisivo sulla qualità della nostra democrazia. Occorre una legge
sulla rappresentanza che consenta l'esercizio effettivo della democrazia per chi lavora. Non possiamo
consentire né che si continui con l'arbitrio della condotta di aziende che discriminano i lavoratori,
né che ci sia una rappresentanza sindacale che prescinda dal voto dei lavoratori sui contratti.
Uguaglianza
L’Italia è divenuta negli anni uno dei Paesi più diseguali del mondo occidentale. La crisi stessa trova
origine – negli Stati Uniti come in Europa – da un aumento senza precedenti delle disuguaglianze.
E dunque esiste, da tempo oramai, un problema enorme di redistribuzione che investe il rapporto
tra rendita e lavoro, mettendo a rischio i fondamenti del welfare.
Sull’altro fronte, la ricchezza finanziaria e immobiliare è diventata sempre più inafferrabile, capace
com’è di sfuggire a ogni vincolo fiscale e solidale. Non si esce dalla crisi se chi ha di più non è chiamato
a dare di più. È la crisi stessa a insegnarci che la giustizia sociale non è pensabile come derivata
della crescita economica, ma ne costituisce il presupposto. Ciò significa che la ripresa economica richiede
politiche di contrasto alla povertà, anche in un Paese come il nostro dove il fenomeno sta
assumendo caratteri nuovi e dimensioni angoscianti. I “nuovi poveri”, per altro, continuano ad assistere
allo scandalo di rendite o emolumenti cresciuti a livelli indecenti, a ricchezze e proprietà smodate
che si sottraggono a qualunque vincolo di solidarietà. A tutto questo bisogna finalmente
mettere un argine.
Per noi parlare di uguaglianza significa guardare la società con gli occhi degli “ultimi”. Di coloro
che per vivere faticano il doppio: perché sono partiti da più indietro o da più lontano o perché sono
persone con disabilità. Se poi guardiamo alle generazioni più giovani, il tema dell’uguaglianza si
presenta prima di tutto come possibilità di scelta e parità delle condizioni di accesso alla formazione,
al lavoro, a un’affermazione piena e libera della loro personalità. Superare le disuguaglianze di genere
è indispensabile per ricostruire il Paese su basi moderne e giuste. Non a caso, ancora una volta,
il simbolo più forte di una riscossa civica e morale è venuto dal movimento delle donne. Su questo
piano la politica, il Parlamento e il governo devono assumere la democrazia paritaria come traguardo
della democrazia tout court.
Nessun discorso sull’uguaglianza sta in piedi se non si rimette il Mezzogiorno al centro dell’agenda.
L’Italia è cresciuta quando Sud e Nord hanno scelto di avanzare assieme. Viceversa quando la forbice
si è allargata, l’Italia tutta si è distanziata dall’Europa. Sostenere, come la destra ha fatto per anni,
che il Nord poteva farcela da solo si è rivelato un grave errore, che ha impoverito il Sud e il Nord insieme.
Tutt’altra cosa è combattere sprechi e inefficienze con una nuova strategia nazionale d’intervento.
Il punto è farlo assieme al senso di responsabilità di tante amministrazioni e movimenti
meridionali, per correggere le storture di vecchi regionalismi e localismi clientelari e per promuovere
legalità, civismo e lavoro.
Infine, al capitolo dell’uguaglianza è legata a filo doppio la questione di una giustizia civile e penale
al servizio del cittadino. Su questo piano è superfluo ricordare che gli anni della destra al governo
hanno sprangato ogni spiraglio a un intervento riformatore. Diciamo che si sono occupati pochissimo
dello stato di diritto e molto del diritto di uno soltanto che si riteneva proprietario dello Stato.
Ma così a pagare due volte sono stati i cittadini più deboli: quelli che hanno davvero bisogno di
una giustizia civile e penale rapida, imparziale, efficiente. Nella prossima legislatura il tema dovrà
essere affrontato dal punto di vista della dignità e dei diritti di tutti e non più dei potenti alla ricerca
d’impunità.
Libertà
Per noi libertà è anzitutto la possibilità concreta per le giovani generazioni di costruire il proprio
progetto di vita e realizzare le proprie vocazioni. Il nostro progetto non sarà retoricamente per i
giovani, ma dovrà essere soprattutto di giovani. Quegli stessi che oggi, pur ricchi di talento ed energie,
trovano le strade sbarrate e sono sistematicamente esclusi.
Il tema del merito non può essere contrapposto a quello dell’eguaglianza delle opportunità. Libertà
dei progetti di vita e valorizzazione del merito sono i presupposti di una società più aperta ed eguale.
Attraverso l’introduzione di misure più incisive, ciò deve valere nel campo delle professioni, della
scuola e dell’università, dell’amministrazione pubblica e dell’impresa privata. Negli anni del berlusconismo
l’appello alla libertà è stato utilizzato a difesa di privilegi e vantaggi privati. Noi vogliamo
liberare le energie della creatività e del merito individuale contro le chiusure corporative e familistiche
della società italiana.
Consideriamo essenziali il rispetto della libertà e della responsabilità delle donne. Occorre superare
gli aspetti giuridicamente insostenibili della legge 40 in materia di procreazione assistita e garantire
piena applicazione alla legge 194 sull’interruzione volontaria di gravidanza.
Su temi che riguardano la vita e morte delle persone, la politica deve coltivare il senso del proprio
limite e il legislatore deve intervenire sempre sulla base di un principio di cautela e di laicità del
diritto. Per evitare i guasti di un pericoloso “bipolarismo etico” che la destra ha perseguito in questi
anni, è necessario assumere come riferimento i principi scolpiti nella prima parte della nostra Costituzione
e, a partire da quelli, procedere alla ricerca di punti di equilibrio condivisi, fatte salve la
libertà di coscienza e l’inviolabilità della persona nella sua dignità.
Sapere
La dignità del lavoro e la lotta alle disuguaglianze s’incrociano nel primato delle politiche per l’istruzione
e la ricerca. Non c’è futuro per l’Italia senza un contrasto alla caduta drammatica della domanda
d’istruzione registrata negli ultimi anni. È qualcosa che trova espressione nell’abbandono
scolastico, nella flessione delle iscrizioni alle nostre università, nella sfiducia dei ricercatori e nella
demotivazione di un corpo insegnante sottopagato e sempre meno riconosciuto nella sua funzione
sociale e culturale.
In questo caso più che dalle tante indicazioni programmatiche, conviene partire da un principio:
nei prossimi anni, se vi è un settore per il quale è giusto che altri ambiti rinuncino a qualcosa, è
quello della ricerca e della formazione. Dalla scuola dell’infanzia e dell’obbligo alla secondaria e all’università:
la sfida è avviare il tempo di una società della formazione lunga e permanente che non
abbandoni nessuno lungo la via della crescita, dell’aggiornamento, di possibili esigenze di mobilità.
Solo così, del resto, si formano classi dirigenti all’altezza, e solo così il sapere riacquista la sua fondamentale
carica di emancipazione e realizzazione di sé.
A fronte di questo impegno, garantiremo processi di riqualificazione e di rigore della spesa, avendo
come riferimento il grado di preparazione degli studenti e il raggiungimento degli obiettivi formativi.
La scuola e l’università italiane, già fiaccate da un quindicennio di riforme inconcludenti e contraddittorie,
hanno ricevuto nell’ultima stagione un colpo quasi letale. Ora si tratta di avviare un’opera
di ricostruzione vera e propria. Nella prossima legislatura partiremo da un piano straordinario contro
la dispersione scolastica, soprattutto nelle zone a più forte infiltrazione criminale, dal varo di misure
operative per il diritto allo studio, da un investimento sulla ricerca avanzata nei settori trainanti e a
più alto contenuto d’innovazione. Tutto ciò nel quadro del valore universalistico della formazione,
della promozione della ricerca scientifica e della ricerca di base in ambito umanistico.
Sviluppo sostenibile
Sviluppo sostenibile per noi vuol dire valorizzare la carta più importante che possiamo giocare nella
globalizzazione, quella del saper fare italiano. Se una chance abbiamo, è quella di una Italia che
sappia fare l’Italia. Da sempre la nostra forza è stata quella di trasformare con il gusto, la duttilità,
la tecnica e la creatività, materie prime spesso acquistate all’estero.
Il decennio appena trascorso è stato particolarmente pesante per il nostro sistema produttivo. L’ingresso
nell’euro e la fine della svalutazione competitiva hanno prodotto, con la concorrenza della
rendita finanziaria, una caduta degli investimenti in innovazione tecnologica e nella capitalizzazione
delle imprese, con l’aumento dell’esportazione di capitali. Anche in questo caso è tempo di cambiare
spartito e ridare centralità alla produzione. Una politica industriale “integralmente ecologica” è la
prima e più rilevante di queste scelte.
Noi immaginiamo un progetto-Paese che individui grandi aree d’investimento, di ricerca, di innovazione
verso le quali orientare il sistema delle imprese, nell’industria, nell’agricoltura e nei servizi.
La qualità e le tipicità, mobilità sostenibile, risparmio ed efficienza energetica, le tecnologie legate
alla salute, alla cultura, all’arte, ai beni di valore storico e alla nostra tradizione, l’agenda digitale.
Bisogna inoltre dare più forza e prospettiva alle nostre piccole e medie imprese aiutandole a collegarsi
fra loro, a capitalizzarsi, ad accedere alla ricerca e alla internazionalizzazione.
Beni comuni
Per noi salute, istruzione, sicurezza, ambiente, sono campi dove, in via di principio, non deve esserci
il povero né il ricco. Perché sono beni indisponibili alla pura logica del mercato e dei profitti. Sono
beni comuni – di tutti e di ciascuno – e definiscono il grado di civiltà e democrazia del Paese.
I referendum del 2011 hanno affermato il principio dell’acqua come bene non privatizzabile. L’energia,
il patrimonio culturale e del paesaggio, le infrastrutture dello sviluppo sostenibile, la rete dei
servizi di welfare e formazione, sono beni che devono vivere in un quadro di programmazione, regolazione
e controllo sulla qualità delle prestazioni.
Per tutto questo, introdurremo normative che definiscano i parametri della gestione pubblica o, in
alternativa, i compiti delle autorità di controllo a tutela delle finalità pubbliche dei servizi. In ogni
caso non può venir meno una responsabilità pubblica dei cicli e dei processi, che garantisca l’universalità
di accesso e la sostenibilità nel lungo periodo.
La difesa dei beni comuni è la risposta che la politica deve a un bisogno di comunità che è tornato
a manifestarsi anche tra noi. I referendum della primavera del 2011 ne sono stati un’espressione
fondamentale. È tramontata l’idea che la privatizzazione e l’assenza di regole siano sempre e comunque
la ricetta giusta. Non si tratta per questo di tornare al vecchio statalismo o a una diffidenza
preventiva verso un mercato regolato. Il punto è affermare l’idea che questi beni riguardano il futuro
dei nostri figli e chiedono pertanto una presa in carico da parte della comunità.
In questo disegno la maggiore razionalità e la valorizzazione del tessuto degli enti locali sono essenziali,
non solo per la funzione regolativa che sono chiamati a svolgere, ma perché il presidio di
democrazia, partecipazione e servizi che assicurano è in sé uno dei beni più preziosi per i cittadini.
Superare le duplicazioni, riqualificare la spesa, devono perciò accompagnarsi ad un nuovo e rigoroso
investimento sul valore dell’autogoverno locale che, soprattutto nella crisi, non va visto, così come
ha fatto la destra, come una specie di malattia, ma piuttosto come una possibile medicina. A sua
volta l’autogoverno locale deve offrire spazi e occasioni alla sussidiarietà, alle forme di partecipazione
civica, ai protagonisti del privato sociale e del volontariato.
Diritti
Il principio della dignità inviolabile della persona e il rispetto dei diritti umani fondamentali sono la
cornice generale entro cui trovano posto tutte le nostre scelte di programma.
In particolare, noi ci sentiamo al fianco della lotta di popoli interi per la difesa dei diritti umani, a
iniziare da quelli delle donne. Crediamo sia compito dei democratici e dei progressisti affermare
l’indivisibilità dei diritti -politici, civili e sociali- e di farlo valorizzando il principio costituzionale della
laicità dello Stato.
Nel nostro caso questo significa l’impegno a perseguire il contrasto verso ogni violenza contro le
donne, un fenomeno che affonda le sue radici in modelli inaccettabili del rapporto tra i generi e
che costituisce una vera e propria violazione dei diritti umani.
Sul piano dei diritti di cittadinanza l’Italia attende da troppo tempo una legge semplice ma irrinunciabile:
un bambino, figlio d’immigrati, nato e cresciuto in Italia, è un cittadino italiano. L’approvazione
di questa norma sarà simbolicamente il primo atto che ci proponiamo di compiere nella
prossima legislatura.
Daremo sostanza normativa al principio riconosciuto dalla Corte costituzionale, per il quale una
coppia omosessuale ha diritto a vivere la propria unione ottenendone il riconoscimento giuridico.
È inoltre urgente una legge contro l’omofobia.
Siamo per il rispetto della vita umana e quindi vogliamo che la condizione dei detenuti sia rispettosa
della Costituzione.
Responsabilità
L’Italia ha bisogno di un governo e di una maggioranza stabili e coesi. Di conseguenza l’imperativo
che democratici e progressisti hanno di fronte è quello dell’affidabilità e della responsabilità. Per
questa ragione, nel momento stesso in cui chiamiamo a stringere un patto di governo movimenti,
associazioni, liste civiche, singole personalità e cittadini che condividono le linee di questo progetto,
vogliamo assumere insieme, dinanzi al Paese, alcuni impegni espliciti e vincolanti.
Le forze della coalizione, in un quadro di lealtà e civiltà dei rapporti, si dovranno impegnare a:
sostenere in modo leale e per l’intero arco della legislatura l’azione del premier scelto con le primarie;
affidare a chi avrà l’onere e l’onore di guidare la maggioranza, la responsabilità di una composizione
del governo snella, sottratta a logiche di spartizione e ispirata a criteri di competenza, rinnovamento
e credibilità interna e internazionale;
vincolare la risoluzione di controversie relative a singoli atti o provvedimenti rilevanti a una votazione
a maggioranza qualificata dei gruppi parlamentari convocati in seduta congiunta;
assicurare la lealtà istituzionale agli impegni internazionali e ai trattati sottoscritti dal nostro Paese,
fino alla verifica operativa e all’eventuale rinegoziazione degli stessi in accordo con gli altri governi;
appoggiare l’esecutivo in tutte le misure di ordine economico e istituzionale che nei prossimi anni
si renderanno necessarie per difendere la moneta unica e procedere verso un governo politico-economico
federale dell’eurozona.

Nessun commento:

Posta un commento