lunedì 11 giugno 2018

FILOSOFIA POLITICA. PERCHE' SOCRATE PERSE LA SUA BATTAGLIA POLITICA. L. BRUSCHI, Verba Woland: la razionalità e il consenso delle masse, L'ESPRESSO, 10 giugno 2018

Le ultime vicende politiche mi hanno dato molto da pensare cosicché ho trovato estremamente interessante tornare a riflettere sulle vicissitudini socratiche ricordate da un bell'articolo di Mauro Bonazzi dal titolo Socrate tradito da Platone.[1]
In estrema sintesi il problema è questo: Socrate è stato l'uomo più giusto, l'unico vero uomo politico che Atene abbia mai avuto e un ineguagliabile maestro del pensiero. In una parola: il migliore. Come spiegare allora il suo fallimento culminato addirittura nella condanna a morte?
La risposta che ci danno Platone (il suo più grande discepolo) e lo stesso Mauro Bonazzi è davvero inquietante.


Socrate aveva ragione ma la sua verità è rimasta sterile, la sua parola è rimasta muta. Perché? Semplice: «Socrate partiva dalla convinzione che siamo esseri razionali capaci di affrontare razionalmente i problemi della vita». Ma non è così. Il dialogo (come quello socratico) può funzionare tra due persone ma «è destinato a soccombere quando la discussione si allarga al gruppo e altri fattori - le abitudini, i pregiudizi, e soprattutto le passioni - intervengono ad agitare le acque».
Ed ecco perché Socrate perse la sua ultima battaglia. Il grande filosofo il giorno del suo processo fedele alle sue idee volle tenere un discorso sul piano esclusivamente razionale. La rinuncia all'appello alle emozioni determinò la sua sconfitta.
«Un discorso ben costruito su concetti ben meditati non funziona quando bisogna avere il consenso delle masse. In politica non basta stare dalla parte giusta; bisogna anche risultare efficaci se si vuole davvero essere utili».
La facile conclusione è che alcuni dei nostri politici che avrebbero potuto determinare un diverso corso degli eventi hanno ignorato questi basilari princìpi.
Hanno emulato Socrate e come lui sono stati sconfitti.

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