Due articoli da due testate diverse cercano di fare il punto sui nuovi orientamenti ideologici e politici di destra in atto in alcuni stati del mondo.
Entrambi descrivono l'ondata ideologica di destra che caratterizza Paesi come l'Argentina, gli Usa, la Spagna, la Francia, l'Italia e la Germania, per restare ai più noti ed eclatanti.
Secondo Roberto Livi l'obiettivo primario è quello di “imporre le regole del mercato, libero mercato duro e puro, con mano ferma”. Per questo scopo ecco l'uso dello stato “per imporre i buoni costumi della libera impresa e della vita civilizzata, con le donne in cucina, gli uomini che comandano, i padroni che decidono e gli operai al lavoro in silenzio”.
Si tratta di partiti i cui leader, pur eletti democraticamente, sono antidemocratici in quanto “accettano solamente che li si elegga per comandare senza controlli, specie dal basso”. Inoltre, altro paradosso, sono l'effetto di strati sociali impoveriti e di un astensionismo (aggiungo io) che, di fatto, delegittima i governi eletti e denuncia una chiara separazione e sfiducia dei cittadini nei confronti dei meccanismi di rappresentanza.
Friedman esamina quella che egli chiama ascesa dei nuovi oligarchi americani al potere. Accomunando senza mezzi termini Trump a Putin e consimili. Citando più volte Aristotele Friedman ricorda che l'oligarchia significa: “piccolo gruppo di individui facoltosi che detiene il potere prendendo decisioni per il proprio tornaconto personale; difesa degli interessi personali contro quelli comuni; sfrontata ostentazione del denaro; manipolazione e corruzione; erosione della partecipazione; messa in discussione del principio di uguaglianza; uso indiscriminato del conflitto di interessi; cleptocrazia.”
Sia Livi che Friedman alludono alla gestazione di un Nuovo Ordine che vuole soppiantare quello vecchio.
Livi, con riguardo al caso argentino, lo contrappone al fallimento del progressismo, del peronismo a guida Fernandez.
Friedman lo considera come un brutale sostituto del vecchio lobbismo che sempre ha modellato la politica americana.
Nessuno dei due articolisti si chiede come sia stato possibile che il risultato di proteste e di movimenti sorti dopo il 2008, proteste e movimenti che avevano messo al centro dei propri obiettivi elite economiche, multinazionali, l'avidità di Wall Street, sia il ritorno o comunque la riaffermazione dell'elite che, se batte la bandiera antiprogressista, si circonda dei soliti simboli, quelli che, sotto un'altra bandiera, l'avevano resa oggetto di disprezzo e di rifiuto.
Livi sostiene che, se ci si vuole contrapporre a tutto questo, occorre che le forze di sinistra adottino metodi più radicali e abbandonino moderazione e strategie diplomatiche. Essere più “radicale nelle sue riforme: proprietà, imposte, giustizia sociale, precarietà, educazione salute, abitazioni”.
Friedman non propone niente che si opponga al “qualcos'altro che prenderà il potere il 20 gennaio 2025”. Sa bene che, se le cose sono andate così, è stato perché, in questi anni, la “sinistra” americana ha fatto esattamente il lavoro della destra.
Un terzo articolo, a prima vista, sembrerebbe più radicale rispetto ai due citati. Senza mezzi termini la politologa Nadia Urbinati definisce la destra italiana come liberista ed utilizzatrice non delle pratiche della destra sociale e corporativa “che metteva lo stato sopra e prima di tutto”, ma del peggior darwinismo sociale.
Una compagine che difende e non combatte le diseguaglianze, che sfrutta la dissociazione e le privatizzazioni liberiste come strumenti di controllo:”il lavoro come scuola di disciplina, l'emancipazione misurata dalla distanza con chi fa lavori manuali, una carriera che insieme al conto in banca si assicura le buone amicizie. Alla base di tutti sta il merito, una dote naturale che arma i singoli alla lotta per la vita oggi questa ideologia ha la forza di sostituirsi alla repressione poliziesca e di persuadere i diseredati”.
Affermazioni nette e decise:”il fascismo di oggi è social darwinismo che sfrutta le conquiste di qualche decennio di liberismo e dell'innovazione tecnologica. Internet connette disabituando ad associarsi, lenendo le solitudini e le infelicità sociali con la terapia dei social e delle chat”.
Tutto condivisibile, salvo l'infelice finale quando, evocato un altro aspetto di questa ideologia, la vendetta, l'obiettivo di questa istanza non viene individuato nello spirito repubblicano o nel patrimonio costituzionale i quali rischiano davvero di essere rimessi in discussione, quanto in un provvedimento legislativo, definito giornalisticamente anti-Renzi, con il quale si intenderebbe impedire ai parlamentari, europarlamentari, presidenti di Regione in carica di ricevere soldi per attività svolte in Paesi fuori dalla UE. Davvero era il caso di chiudere quest'analisi con la difesa di Renzi, preso come capro espiatorio di quell’”uso del potere dello stato che non accetta critiche e applica il motto ‘con gli amici i favori, con i nemici la legge’?
Nello stesso quotidiano, nella pagina successiva in cui compariva lo scritto di Urbinati, Franco Monaco ricordava come il provvedimento, invece, “è norma sacrosanta, regola di costume basica e minimale” e che appare "sconcertante la reazione del partito (?) Italia Viva che ha bollato l'emendamento come dal sapore sovietico e/o sudamericano invocando a sostegno delle proprie riserve il parere contrario del presidente del senato La Russa e facendo appello alla presunta cultura liberale di Forza Italia”.
Secondo chi scrive, la norma dovrebbe, inoltre, essere ancora più “restrittiva ed applicarsi anche dentro la UE; la nozione di incarichi si presta a deroghe ed eccezioni”.
Monaco continua dicendo che la reazione di Renzi è quella di un opportunista della politica che un giorno vota per eleggere La Russa presidente di quel senato che avrebbe voluto cambiare e un giorno dichiara di schierarsi per l'alternativa al governo in carica. Oltretutto, aggiungo io, Renzi definisce sovietico il provvedimento e non fascista rivelando ancora una volta, lui si, la sua vera origine e natura vendicativa come ha dimostrato in diversi momenti della sua discesa politica.
Nel dialogo-confronto fra Marc Lazar e Maurizio Ferrera in cui si ricordano alcune tappe della debacle delle sinistre europee negli ultimi 40 anni, ad un certo punto si parla anche della “Terza via” e della tavola rotonda di Firenze del 1999 a cui Renzi non partecipò, ma della quale sarebbe diventato l'interprete più testardo, anche dopo l'autocritica e il rinnegamento fatti dal suo teorico, il sociologo A. Giddens. Ancora nell'estate del 2019, Renzi si considerava un fiero paladino di questa proposta definita da Lazar “il capro espiatorio per l'attuale crisi della sinistra”. Forse Lazar non lo cita fra gli interpreti più ostinati di questa proposta solo per pietà e compassione.
R. Livi, È il regime del Capitale e questa sinistra non basta, Il manifesto, 17.12.2024
Alan Friedman, Trump, Musk e i miliardari cortigiani. È l'ascesa della nuova oligarchia Usa, La stampa, 16.12.2024
Urbinati, La premier abbraccia il darwinismo sociale, Domani, 17.12.2024
Monaco F. Servono vincoli più stretti. La norma anti Renzi non basta, Domani, 17.12.2024
Ferrera, Lazar, Il futuro della sinistra, La lettura, 8.12.2024
Ambrosino G., Il club dei modernisti, Il manifesto, 4.06.2000
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