domenica 13 maggio 2012

IDEOLOGIE POLITICHE. LIBERISMO E LIBERALISMO. PASQUINO G., Non confondere liberali con liberisti, IL CORRIERE DELLA SERA, 19 aprile 2012


Esiste una concezione minimalista delle democrazie liberal-costituzionali: elezioni libere, diritti politici, governi che si formano e cambiano in Parlamento, luogo nel quale si esprime la sovranità popolare. Se coloro che si dichiarano liberali, in Italia, conoscessero anche soltanto questo essenziale principio, si risparmierebbero gli strafalcioni nei quali incorre furiosamente Piero Ostellino (Corriere della sera del 16 aprile). Alquanto ritrita e del tutto sbagliata è la tiritera sul governo Berlusconi eletto dal popolo, il quale, al massimo - e i liberali dovrebbero esserne preoccupati e combattere una vigorosa battaglia per la riforma elettorale - aveva messo una crocetta sul simbolo di un partito. Un po' poco per esprimere la sovranità popolare: peccato che Ostellino non se ne sia accorto.


Dovendo scegliere non ho nessun dubbio da che parte stare. Le cronache della politica nazionale le leggo sul Corriere. La mia parte politica alla quale Ostellino nella sua furia cieca attribuisce le mie elaborazioni che hanno, invece, fondamento in quella conoscenza comparata dei sistemi politici che a lui manca del tutto, sono chiaramente le socialdemocrazie nordiche. Poiché il liberalismo non va affatto confuso con il liberismo, le socialdemocrazie nordiche sono, dal punto di vista delle loro istituzioni, democrazie liberal-costituzionali. Il loro grande apporto è stato quello di combinare le politiche economiche del liberale Keynes con elementi di welfare anch'essi di solida impronta liberale. È il liberalismo del filosofo politico John Rawls. Purtroppo, Ostellino non è riuscito ad andare oltre la mia introduzione. Difficile negare che la «società giusta» di Rawls sia l'esito che le istituzioni liberali intendono produrre. Facile, invece, spiegare perché i liberali italiani siano quattro gatti senza collare (qualcuno anche senza pudore). Troppi fra loro credono che essere antisocialisti sia sufficiente per definirsi liberali. Anche i conservatori e i reazionari sono antisocialisti ma questo non serve loro per comprarsi il biglietto d'ingresso nel giardino del liberalismo politico e del costituzionalismo. Poiché i liberali sanno che «provando» si può anche sbagliare e che la storia impartisce dure repliche, concluderò suggerendo a Ostellino di «provarci» ancora a confutare il liberalismo dei liberali classici da Montesquieu a Kant, da Tocqueville a Mill, magari dopo avere letto anche soltanto gli articoli loro dedicati da Paradoxa .

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