mercoledì 27 marzo 2013

CASO BATTIATO. GIUSEPPE VIDETTI, Battiato: "Io mai innamorato, che bello dormire da soli", LA REPUBBLICA, 1 dicembre 2012


ERA magnifico quel tempo, com'era bello / Quando eravamo collegati, perfettamente / Al luogo e alle persone che avevamo scelto / Prima di nascere". Altro che rime cuore/amore, nel nuovo disco di Franco Battiato la nota più pop è lo slogan del titolo, Apriti Sesamo. Il maestro trasporta con leggerezza, nelle canzoni, la sua esperienza spirituale. E tutto il sapere di libri che sono sempre sul tavolo del salotto della casa di Milo, alle pendici dell'Etna: Dipinti d'arcobaleno - L'essenza del tantra di Urgyen Tulku; Il mistero del fiore d'oro di Lu-Tzu, la bibbia del taoismo operativo; La mente oltre la morte del tibetano Dzogchen Ponlop; L'essenza della vita di Willigis Jäger, ex monaco benedettino e maestro zen. Nei suoi discorsi, quando si parla di paura e di morte, sono frequenti i riferimento ai mistici occidentali, San Giovanni della Croce e Santa Teresa d'Avila soprattutto.

 "Il lavoro di un artista è questo", esordisce il neoassessore alla cultura della regione Sicilia che il 19 gennaio inizia da Bergamo il nuovo tour che si protrarrà fino a marzo. "L'arte è cosa sublime. Non possiamo considerare la musica come una colonna sonora per amori spezzati. Un artista che si documenta e legge non fa altro che condividere le sue conoscenze. La musica è una lingua in codice che ha il potere di trasportarti in mondi che non hai mai conosciuto".

Eppure la canzone, anche quando è in mano a parolieri blasonati, diventa irrimediabilmente ostaggio dell'amore romantico. "Ma perché mi fa parlare di queste cose? Proprio io che mi vanto di non essere mai stato innamorato?". Una bella fortuna... "Sì, ma rischio di mettermi in cattiva luce. In realtà sono stato innamorato, a sedici anni: La prima goccia bianca che spavento / E che piacere strano / E un innamoramento senza senso / Per legge naturale a quell'età (Mesopotamia). Lei mi faceva tremare le gambe. Fu bello, perché finì lì. Un altro anno di quei tremblement mi avrebbero ucciso. So cosa vuol dire, ho provato quell'ebbrezza. Ma ora stiamo parlando dell'amore cosciente, quello che arriva dopo. Mai accettata l'idea dell'innamoramento come perpetuazione del malessere, quando nella coppia iniziano i sadismi... È umiliante. No, no, da qui non passa". E infatti non ce n'è traccia nelle canzoni, neanche nella trilogia Fleurs, che abbonda di cover, una intima recherche priva di compiacimento, scevra di romanticismi.

"La passione è una malattia, una zavorra che ci trascina verso il basso", dice. "Di amori veramente riusciti, a esser generosi, ce n'è uno su un miliardo. La cronaca ci parla quotidianamente di coglioni che credono di essere i proprietari dei genitali dell'altro. Non è questo che genera il femminicidio cui stiamo assistendo? Quanti uomini uccidono perché si sentono rifiutati? Vogliamo chiamarlo amore? Quell'uno su un miliardo si verifica quando due stature di altissimo livello si incontrano; allora non si litiga per un dentifricio, e il calo del desiderio non è la ragione sufficiente per una separazione. C'è un malinteso intorno all'amore e al sesso. Troppi credono che sia un sentimento che esplode in una forte tensione sessuale e dopo un po' scema. Ma quella è un'infatuazione, un abbaglio. Anche l'orgasmo è un momento più complesso di una semplice eiaculazione, è la prova generale dell'abbandono del proprio ego".

Tempo sprecato, energie scippate a progetti di vita più importanti, a più alte aspirazioni. Le canzoni d'amore - e gli universi che rappresentano - lo lasciano indifferente. Battiato non ha esitazioni, se non di fronte alle canzoni di Tenco. "È l'autore più triste della canzone italiana... Ci sono belle canzoni d'amore, non sono mai stato contrario alla musica leggera. Ma non mi hanno influenzato. Queste trappole sono fuori dalla mia dimensione".
A diciannove anni, a Milano, entrò in una scuola che non lasciava troppo spazio alle rime cuore/amore. Fu Giorgio Gaber a produrre il suo primo disco, dopo un breve apprendistato al Cab 64, dove si esibivano Cochi e Renato, Lino Toffolo e i Gufi. "All'epoca non pensavo ancora di fare il musicista, non avevo quel fuoco. Ne fui ancora più certo dopo aver inciso un brano che si chiamava E l'amore, nel 1968, che vendette centomila copie. Non tantissime all'epoca in cui i 45 giri fortunati vendevano milioni, ma sempre una cifra ragguardevole per un debuttante". Il testo azzardava: È l'amore che mi prende piano piano per la mano / Mentre l'acqua dietro ai vetri già discende lentamente / Come son lunghe le sere d'autunno se non sei con me.

La reazione (lusinghiera) del pubblico lo mandò in tilt. "Mi trovavo in Galleria del Corso a Milano una domenica pomeriggio, a distanza di cento metri un gruppo di venti ragazzi cantavano in coro la mia canzone", racconta. "Mi sentii un ladro, mi nascosi. All'epoca non sapevo niente, volevo ancora far successo. Mi mandarono al Disco per l'estate, sentii un senso di straniamento: che ci faccio qui? In mezzo alle Lise dagli occhi blu? Così cambiai direzione. Nel '69 ero a Londra per acquistare un sintetizzatore Vcs3. Cambiai vita, abbracciai l'avanguardia. Non fu così semplice, uscivo da una profonda crisi esistenziale. Mi consigliarono un psicoanalista. Fu la mia salvezza. Mi spiegò che non era nulla di grave, niente sedute, mi prescrisse dei farmaci. Scendendo le scale dello studio mi dissi: è quello che meriti, cretino, ti sei messo nelle mani di uno che non sa neanche chi sei. Ovviamente non comprai mai quelle pillole. Appallottolai la ricetta e la gettai nella spazzatura. E da selvaggio, in casa, mi distesi sul pavimento. Poco a poco scoprii che potevo indagare l'interiore. Quella sì fu un'esperienza fantastica. Per il resto... che bello dormire da soli!". 
 
(01 dicembre 2012)

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