lunedì 18 marzo 2013

LO STALLO DELLA POLITICA E LA LIBERALIZZAZIONE DELLA DISPERAZIONE, di MARIO FAGOTTO F., 18 marzo 2013


    Le uniche liberalizzazioni che si sono realizzate in Italia in questi anni hanno riguardato , di fatto, solo la varietà di forme di protesta utilizzate da quanti non si sono più visti rappresentati e difesi, nonostante la loro proliferazione numerica, da nessun sindacato, nessuna associazione, nessun partito.

   Abbiamo, così, assistito ad episodi in cui sconosciuti operai  salivano sui tetti per restarvi mesi; incatenarsi ai cancelli delle fabbriche; darsi fuoco davanti ai palazzi del potere; suicidarsi. Come loro, stesso destino scelto da  altrettanti, sconosciuti, piccoli imprenditori. Le potremmo chiamare, se non suonasse offensivo e grottesco nei confronti di quanti le hanno messe tragicamente in atto, le ‘libertà della disperazione’, tante figure diverse che hanno avuto il comun denominatore di esprimere lo stesso sentimento di sconfitta, resa, fuoriuscita dal mondo sociale e dalla vita tout court.


   Probabilmente si tratta di quanti hanno pensato, in questo scorcio di secolo, che si potesse ANCORA vivere, lavorando nel nome di una tradizione che aveva insegnato ad interpretare il lavoro non come una eccezione, ma come una norma; condividendo regole e rispettandole pure; confidando perfino nel sentimento della vergogna.
   Piccoli residui di una umanità al tramonto travolta da ben altra ‘fiumana del progresso’: quella di chi non ha mai lavorato, per esempio; di chi non ha mai svolto ‘lavori sporchi’; di chi è vissuto di rendita all’ombra di rendite patrimoniali o parassitando le risorse pubbliche nei mille modi che abbiamo visto in questi anni; di chi si è inserito in settori per lucrare i guadagni che essi offrivano, naturalmente a prescindere da merito e competenze; di chi penetrava nei sancta sanctorum delle multinazionali finanziarie servendosi di reti familistiche e partitocratiche;  di chi si trasformava da sedicente vecchio militante comunista in potenziale acquirente di quote azionarie; di chi si trasformava da sindacalista in deputato, eurodeputato o amministratore delegato di qualche moderna entità burocratico-finanziaria sicuro  di  incrementare, comunque sia, la propria rendita personale; di chi nascondeva, opportunamente, tutto questo ‘nuovo che avanzava’ ingrassando, con ‘giornalisti’ ed imbonitori compiacenti, le volgarità di una società dello spettacolo che sarebbe poi (imprevedibilmente?) implosa nelle stanze, non più segrete, del bunga-bunga.

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