giovedì 31 ottobre 2013

EUROPA. FRANCIA E LA PROPOSTA DI LEGGE SULLA PROSTITUZIONE. STEFANO MONTEFIORI, La protesta dei clienti: «Lasciateci le prostitute» I«343 mascalzoni» per il sesso a pagamento, IL CORRIERE DELLA SERA, 31 ottobre 2013

La nuova legge anti prostituzione multa i clienti con 1.500 euro. Ma qualche femminista li appoggia. Ministra indignata




PARIGI - Un «manifesto dei 343 mascalzoni» per difendere il sesso a pagamento. Lo scrittore Frédéric Beigbeder, l’umorista Nicolas Bedos, il polemista Éric Zemmour e altri compagni di rivolta hanno pubblicato un testo contro il nuovo progetto di legge sulla prostituzione. In questi giorni la Francia vuole seguire il modello proibizionista svedese e punire - con 1.500 euro di ammenda, raddoppiata in caso di recidiva - chi compra prestazioni sessuali. L’ambizioso obiettivo dichiarato è abolire la prostituzione.
I «343 mascalzoni» protestano: «Che le nostre relazioni carnali siano a pagamento o meno, non potremmo mai fare a meno del consenso del partner. Allo stesso tempo noi pensiamo che ciascuno abbia il diritto di vendere liberamente le sue virtù, e persino di trovarlo appagante. Rifiutiamo che dei deputati emanino norme sui nostri desideri e sui nostri piaceri».
Il manifesto sarà pubblicato sul numero di novembre del mensile Causeur , e ha già suscitato prevedibili polemiche. Beigbeder è un ex pubblicitario, critico letterario e apprezzato scrittore (da «99 Francs» a «L’amore dura tre anni» a «Un roman français») con il gusto per le trovate a effetto: dandy protagonista della vita notturna parigina, nel 2002 curò la campagna presidenziale del candidato comunista Robert Hue, poi fece l’editore (per Flammarion) e da settembre è direttore della rinata rivista Lui , vecchia testata francese di erotismo e letteratura sul modello di Playboy («Stavolta sono le donne nude a servire da alibi, gli uomini si vergognano di amare i libri»).
Il senso di Beigbeder per le formule si vede anche nel «Manifesto dei 343 mascalzoni», che fa il verso allo storico «Manifesto delle 343 sgualdrine» del 1971: oltre quarant’anni fa molte donne firmarono sul Nouvel Observateur un appello in cui affermavano di avere avuto un aborto, allora illegale. Il testo redatto da Simone de Beauvoir e sottoscritto da Marguerite Duras e Catherine Deneuve (tra le altre) fece scandalo e contribuì alla legalizzazione dell’interruzione di gravidanza, tre anni dopo.
Il logo della campagna contro la legge anti prostituzione è una mano aperta con la scritta Touche pas à ma pute , «Giù le mani dalla mia puttana», che ricalca lo slogan di Sos Racisme degli anni Ottanta Touche pas à mon pote , «Giù le mani dal mio amico (l’immigrato, ndr )». Un tono semiserio scelto apposta, per rompere con l’atmosfera lugubre che accompagna il dibattito sulla prostituzione, descritta di solito come il regno della sopraffazione della donna a opera di sfruttatori e, appunto, clienti-mascalzoni. «Abbiamo deciso di combattere con lo humour per una causa seria - dice la direttrice di Causeur , Élisabeth Lévy -. Noi difendiamo la libertà, e quando il Parlamento si impiccia di cose che non lo riguardano, come la sessualità, la libertà di tutti è minacciata».
La ministra per i Diritti delle Donne e portavoce del governo, Najat Vallaud-Belkacem, ha commentato con indignazione: «Le 343 sgualdrine chiedevano di disporre del proprio corpo, i 343 mascalzoni vogliono disporre del corpo degli altri». Una delle «sgualdrine» del 1971, Anne Zalensky, oggi presidente della Lega dei diritti delle donne, ha immediatamente scritto su Le Monde che «questo appello umilia le donne. Nessuno è libero: né chi si prostituisce, costretto da ragioni economiche o psicologiche, né il cliente, preso in un sistema di relazioni uomo-donna fondato sul malinteso e la paura». Ma gli autoproclamati mascalzoni possono vantare un sostegno di peso, quello della filosofa femminista Élisabeth Badinter: «Il progetto di legge proibizionista si fonda su un clima generale che tende sempre a fare delle donne le vittime e gli uomini i colpevoli. È giusto punire gli sfruttatori e il racket, ma non chi offre senza costrizioni una prestazione sessuale, o chi la compra. Il sesso non è sempre legato all’amore, e quello a pagamento non è sempre frutto di disperazione o schiavitù». La discussione comincerà all’Assemblea nazionale il 25 novembre, giornata Onu «per l’eliminazione della violenza sulla donna».

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