lunedì 21 ottobre 2013

LA DISCUSSIONE SUL NEGAZIONISMO. P. ODIFREDDI, Marce indietro, errori e scuse, ODIFREDDI.BLOGAUTORE, 21 ottobre 2013

La Stampa di ieri ha pubblicato un mio articolo e una replica di Mario Calabresi, a proposito dei miei interventi negli ultimi post di questo blog.



L’articolo del direttore inizia citando la mia “incapacità di fare marcia indietro, rendersi conto degli errori e scusarsi”. Mi sia consentito di riprendere qui, pubblicamente, alcune considerazioni che ho fatto a lui, in privato.
Anzitutto, credo di aver ormai spiegato, dovunque potevo, che non devo fare marcia indietro, non avendo mai fatto nessuna marcia avanti! Nonostante questo sia il punto centrale delle accuse che mi vengono rivolte.
Io ho posizioni critiche sulla politica di Israele, e non le nascondo. Ma non mi sono mai sognato di confondere la politica di oggi con la storia di ieri, e di negare l’olocausto e la camere a gas, proprio perché le ritengo cose separate. A differenza di altri, che spesso usano, e abusano, l’olocausto appunto per “giustificare” la politica di Israele.
Non più tardi dell’estate dello scorso anno ho visitato Gerusalemme, Museo dell’Olocausto compreso, avendo per “Virgilio” il premio Nobel dell’economia Aumann, come ho poi raccontato su L’espresso. Lui mi ha ospitato in casa sua, sa benissimo cosa penso, e non avrebbe mai accettato, non solo come ortodosso, ma come “semplice” ebreo, anche un solo sospetto di negazionismo.
Quello che ho fatto è invece un discorso filosofico di tutt’altra natura, ovvio per un logico ed un epistemologo, che poteva anche andar bene in una cerchia ristretta di blogger che ormai, dopo anni, si conoscono tutti fra loro e non si fraintendono. Un discorso che, potendo però essere frainteso da altri, soprattutto se storpiato ad arte, non doveva appunto essere irresponsabilmente buttato su Twitter, e nemmeno su articoli di giornali, senza nessuna verifica.
Se dunque ho commesso un errore, è stato quello di discutere di argomenti “esoterici” su una piattaforma che, essendo aperta anche a lettori estranei a una ristretta cerchia, poteva rischiare di far diventare quegli argomenti “essoterici”. Detto altrimenti, in questi tempi, e forse da sempre, ci sono cose che non si devono dire in pubblico, perché si rischia che qualche ingenuo origli e fraintenda, e che qualche accorto deformi e ne approfitti.
A scanso di equivoci, sto parlando della concezione della verità in ambiti diversi, che costituisce uno degli snodi fondamentali anche della discussione con Benedetto XVI, sul quale Calabresi “ironizza”, chiamandolo “il vecchio Papa tedesco”.
Sempre a scanso di equivoci, non sto sostenendo che la verità storica sia come quella teologica: cioè, che Gesù sia esistito come le camere a gas. L’esatto contrario, semmai. Ma sto sostenendo che c’è uno spettro di verità, in ordine decrescente di verificabilità: logica, matematica, scientifica, storica, filosofica, teologica, letteraria…
Dove mettere la verità giornalistica, in questo spettro, non saprei. Ma certo non basta dire, come dice appunto Calabresi, che un giornalista mi ha “sentito”, per mettersi la coscienza a posto su quello che ha scritto, se non si verifica anche se abbia ascoltato, oltre che sentito. E capito, oltre che ascoltato. E riportato correttamente, oltre che capito.
Quanto a scusarsi, lo devo certamente fare, anzitutto con la mia famiglia, e poi con Repubblica, perché sono state entrambe trascinate di riflesso in una polemica in cui ovviamente nè l’una, nè l’altra c’entrano nulla. E, col senno di poi, mi pento di aver detto cose che, fraintese colposamente o dolosamente, hanno fatto vergognare di me sia la famiglia che Repubblica.
Con altri, non vedo di cosa dovrei scusarmi. Gli amici che mi hanno chiamato per chiedermi chiarimenti, li hanno facilmente ricevuti. Quelli che non hanno capito cosa ho detto, avrebbeto dovuto informarsi meglio prima di stracciarsi le vesti. E quelli che hanno effettuato “lo spalmaggio del miele”, per usare la lucreziana espressione scelta da Calabresi, e che sono i soliti (Lowenthal, Israel, Grasso) che da sempre approfittano di qualunque scusa, vera o presunta, per “punirmi” di ciò che penso della Chiesa e di Israele, forse dovrebbero essere loro a chiedere scusa a me. Anche se, onestamente, non saprei che farmene delle loro scuse, visto che intanto il loro obiettivo l’hanno raggiunto comunque.
Rimane l’incognita di Riotta, che non capisco, e tutto sommato non mi interessa poi così tanto di capire.
Mi scuso con tutti per questo lungo sfogo, ma male non può fare. Certo non come quello che è stato fatto a me. Al massimo vi potrà annoiare, ma se fosse così, la cosa sarà facilmente rimediabile, a differenza delle cose che sono state dette di me.

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