martedì 15 ottobre 2013

MIGRANTI DI IERI E DI OGGI. GIGI DI FIORE, Quando i migranti morti in mare eravamo noi, il tremendo naufragio del piroscafo "Sirio", IL MATTINO, 12 ottobre 2013

Corpi in fila sul molo del porto di Cartagena. Senza neanche sacche di plastica a coprirne la vergogna e la dignità calpestata. Volti mediterranei, volti italiani. Uno, due, tre, la conta fu lunga. Arrivò a 293 cadaveri. Immagini del passato, immagini del presente. Centinaia di migranti africani morti negli ultimi otto giorni, in due naufragi sui barconi della speranza. Centinaia di emigranti italiani, annegati sul piroscafo "Sirio" che li portava in Brasile 107 anni fa. Ieri e oggi, storie e memorie.


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Era la nave della speranza, per chi abbandonava case, famiglie e radici a cercare fortuna. In Sudamerica, come negli Stati Uniti. Il "Sirio" partì da Genova, lo guidava il capitano Giuseppe Piccone che aveva affrontato decine e decine di traversate simili in 27 anni di comando su quella nave.

"Santa Lucia luntana", cantavano centinaia di uomini, donne e ragazzi stipati nelle stive della terza classe. Meridionali, ma con loro c'erano tanti settentrionali, che fischiettavano "Ma se ghe pensu". Molti erano i veneti. In tutto, 1200 emigranti, che avevano raccolto i loro risparmi per disegnarsi un senso di futuro. Tra prima e seconda classe, nei piani alti con sala da pranzo, c'erano appena 120 passeggeri. Il resto erano migranti, con i loro stracci raccolti e le loro memorie portate lontano.

Era il 4 agosto del 1906, quando venne dato l'allarme. Il "Sirio" era rimasto incagliato, per un errore di calcolo della rotta, nella acque non distanti da Capo Palos in Spagna. Uno dei soccorritori raccontò: "L'urto con gli scogli fu violento, al poppa si allagò subito e fu sommersa. Molti passeggeri non ebbero il tempo di risalire in coperta, morirono annegati".

Annegarono anche a decine, sbalzati in mare. Le operazioni di salvataggio si attirarono critiche e polemiche. Furono in ritardo, si disse. I morti ufficiali furono 293, ma i giornali ne calcolarono non meno di 500. Una strage. E a Cartagena, nei cimiteri tutt'attorno Porto Palos, ancora 107 anni dopo sono visibili tombe con nomi di italiani. Povera gente. Migranti, come i loro fratelli eritrei, somali, etiopi di questi giorni.

Si parlò di più passeggeri del dovuto per la presenza di clandestini a bordo, caricati in soste senza programma. Chissà. Il capitano Piccone fu mandato sotto processo. Morì prima, appena due mesi dopo il naufragio.

Storie da non dimenticare, come il naufragio della "Veloce" in quelle stesse acque qualche anno prima. Anche quella nave, diretta negli Stati Uniti, portava centinaia di emigranti stipati nelle stive.

Ecco queste sono storie condivise, siamo tutti migranti. Le grandi migrazioni hanno guidato la storia dell'umanità, impossibile bloccarle con le regole dell'economia, o con la forza. "In questa notte elettrica e veloce, in questa croce di Novecento, il futuro è una palla di cannone accesa e noi la stiamo quasi raggiungendo" scrisse Francesco De Gregori nel 2001. Era la sua canzone "I muscoli del capitano". La dedicò al naufragio della "Sirio". Dovremmo ricordarcene, prima di sparare a zero sui migranti africani.

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