lunedì 6 maggio 2013

POLITICA CONFUSA. IL FUTURO DEL PD. PIERO IGNAZI, Il PD ha perso la sinistra, L'ESPRESSO, 6 maggio 2013

Gli attori politici tradizionali continuano a non prendere atto del cambiamento tellurico avvenuto nella politica italiana: la sua scomposizione in partes tres. All'inizio, Pier Luigi Bersani ha cercato di farvi fronte, peraltro maldestramente e poco convintamente, ma subito è rimasto schiacciato tra i custodi dell'ortodossia bipolare e le arroganze imberbi e isteriche dei grillini. A parte quella parentesi sfortunata, tutti si muovono come nulla fosse successo, come ai vecchi tempi della contrapposizione tra centro-destra e centro-sinistra. La sopravvivenza di questo schema mentale, oltre al servilismo dei media e alla improntitudine degli avversari, oltre alle risorse del suo padre padrone (chi sarà il prossimo de Gregorio?), ha consentito al Pdl di rimanere al centro della scena.

In quale altro paese al mondo un partito che perde sei milioni di voti e precipita dal 37 al 21 per cento continuerebbe a godere dell'ammirazione sconfinata non solo dei suoi membri ma anche di quella degli avversari e di buona parte degli "osservatori"? Vi immaginate un leader britannico, francese o inglese ancora in sella ed omaggiato dopo una tale catastrofe? Tant'è per spiegare ancora una volta l'eccezionalità italiana. Che comunque si è arricchita di altro aspetto, forse destinato a diffondersi in Europa.

Mentre il berlusconismo è un prodotto italico che solo da noi poteva attecchire vista la possibilità di concentrare tanti poteri nelle mani di una persona sola (e ci sono soi-disant liberali che sostengono il Cavaliere...) e l'irrilevanza di ogni criterio etico-morale nell'opinione pubblica, il grillismo può invece fare scuola. Il suo impasto antipolitico-postmaterialista, che coniuga insoddisfazione e rabbia nei confronti di un sistema politico-economico inefficiente e corrotto con proposte ecologico-solidali (dall'energia rinnovabile al salario di cittadinanza), tocca le corde di un'opinione pubblica europea disincantata, insoddisfatta ma non "arretrata" . Mentre i populismi di destra attraggono le componenti culturalmente più tradizionaliste e socialmente più marginali, il populismo postmaterialista del M5S pesca anche tra elettori giovani e con buon livello di istruzione. La produzione a getto continuo di iperboli e insulti da parte di Beppe Grillo e il suo stile da irriverente joker, oltre a una rappresentanza parlamentare al di sotto di ogni immaginazione - dalla biliosa maestrina Lombardi al pingue arruffone Crimi - rischiano ora di relegare il M5S nel folkloristico. Con la conseguenza che gli altri attori continuano a comportarsi come se i grillini non ci fossero, come se non rappresentassero un quarto dell'elettorato.

Come si è visto, il primo a subire le conseguenze di questa ottusità è stato proprio il Pd. E infatti, dopo essersi ritratto sdegnato da una possibile intesa con il M5S su un nome condiviso ?€“ e ce n'erano, eccome - , la "ditta", ormai in fallimento, è andata a genuflettersi di fronte a Berlusconi. Certo, lo streaming di Bersani bruciava ancora. Ma questo atteggiamento di chiusura fa perdere al Pd il contatto con un mondo non pregiudizialmente ostile alla sinistra, semmai popolato di delusi e arrabbiati da recuperare. E lo si lascia veleggiare con il vento in poppa nelle acque dell'opposizione.

L'incombente, e ulteriore, governo di emergenza che rimastica la vecchia maggioranza montiana (se Mario Monti non si fosse fatto contagiare dal virus della politica un governo di questo genere sarebbe stato fatto in un battibaleno...) dovrà fronteggiare una contestazione parlamentare di sinistra ben più vivace rispetto al passato. Mentre la Lega non ha più voce né rilievo, e forse farà parte del coro, il M5S ha tutta l'energia dei nuovi movimenti. Ovviamente, il bersaglio prediletto di questa opposizione sarà il Partito democratico. Forse il Pd sottovaluta la pressione congiunta che viene da nuovi antagonisti privi di ogni stigma di sinistra radical old style e dalla sua stessa base

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