sabato 23 novembre 2013

IL CASO RENZI. REDAZIONE, «Dopo tutto questo? Mi darò alla Tv» Matteo Renzi: «Tutti i politici a un certo punto devono farsi da parte. A me, dopo, piacerebbe insegnare o diventare conduttore tv», VANITY FAIR, 20 novembre 2013

«A 38 anni sei pronto per fare tutto: solo in Italia si pensa che uno alla mia età sia ancora giovane. L’età non è un problema, anzi, spero di avere una vita anche dopo la politica. Mi piacerebbe insegnare. Oppure diventare conduttore televisivo, che so... I politici devono sapere che non sono in missione per conto di Dio. Che sono persone normali, come tutti, e a un certo punto devono anche lasciare».



Così Matteo Renzi – sindaco di Firenze, vincitore delle «pre-primarie» nei circoli Pd e, secondo i sondaggi, destinato a uscire dalle primarie dell'8 dicembre segretario di partito e candidato premier alle prossime elezioni – parla del suo futuro a Vanity Fair, che gli dedica la copertina del numero in edicola da mercoledì 20 novembre, e che ha mandato a intervistarlo Giovanni Di Lorenzo, direttore del settimanale tedesco Die Zeit. Numerosi, nell'intervista, i bersagli di Renzi.


«Paradossalmente la sinistra, che nel mondo dovrebbe essere futuro e innovazione, da noi è passato e conservatorismo»

L'accusa di non essere di sinistra: «Per me, oggi, in Italia essere di sinistra vuol dire abbassare le tasse... Per me la sinistra è l’ambiente... È un giardino per le mamme... È l’investimento in cultura, sono gli asili nido. È l’innovazione tecnologica, è la digitalizzazione, è il cambiamento. Paradossalmente la sinistra, che nel mondo dovrebbe essere futuro e innovazione, da noi è passato e conservatorismo...».

Berlusconi: «Ha sempre parlato di Imu da togliere, di tasse da abbassare, ma poi non le ha abbassate, anzi la pressione fiscale è aumentata. Ha detto: noi siamo contro lo Stato. Ma poi ha aumentato la spesa pubblica. In questo scenario, la sinistra lo ha contestato più come persona che non come politico... Ha avuto verso di lui una subalternità culturale. Ha avuto la puzza sotto il naso, ha pensato di essere superiore, e quindi di non aver bisogno di andarsi a riprendere voto per voto, casa per casa. Invece a me interessa anche il voto di chi ha scelto Lega o Berlusconi per una vita... Il non prendere il voto degli altri, alla fine, che cosa ha portato? Le larghe intese».

Il «salotto buono della finanza»: «La forza dell’Italia non è la Fiat, sono le piccole e medie aziende che competono e che riescono, nonostante i politici... Le grandi aziende italiane non sono le aziende di cui hanno parlato i giornali in questi anni. Anche perché poi sarebbe interessante discutere di come sono i giornali. L’intreccio tra i giornali le banche e le imprese è folle: se fai l’editore fai l’editore, se fai la banca fai la banca... Perché in Italia ogni euro che le banche mettono dentro operazioni “di sistema” – per esempio per l’Alitalia, o per salvare determinati imprenditori – è un euro che tolgono all’artigiano di Firenze o alla famiglia di Crotone? Le banche devono fare le banche. Io spero che escano dal controllo del Corriere della Sera e lascino fare a un imprenditore, chiunque sia. Se la giochi chi ha investito».

Questo, e molto altro, nell'intervista pubblicata da Vanity Fair nel numero in edicola da mercoledì 20 novembre.

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