lunedì 25 novembre 2013

ITALIA. LA SCUOLA DEL FUTURO? STUDIARE UN ANNO DI MENO. REDAZIONE, Al via il liceo di quattro anni. Il debutto anche nella scuola pubblica, IL FATTO, 25 novembre 2013

Il liceo in quattro anni sbarca nella scuola pubblica. Di una riduzione del corso di studi superiori si era parlato già a fine ottobre: il liceo paritario Guido Carli di Brescia aveva inaugurato il primo corso in quattro anni, e Maria Chiara Carrozza aveva dato il suo placet ministeriale: ”Se ci fosse stata quando ero studentessa – aveva detto la responsabile del dicastero dell’Istruzione a una delegazione di studenti dell’istituto – anch’io mi sarei iscritta a una scuola come la vostra. Si tratta di un’esperienza che dovrebbe diventare un modello da replicare in tutta Italia anche per la scuola pubblica”.



Detto, fatto. A distanza di un mese il Miur autorizza altre tre scuole a dare il via a un corso analogo di sperimentazione. Stavolta, però, non si tratta più di scuole paritarie, ma statali. Come si legge nel decreto emanato dal ministero, a decorrere dall’anno scolastico 2014-2015 l’istituto di Istruzione superiore Carlo Anti di Verona, l’istituto tecnico industriale Ettore Majorana di Brindisi e l’istituto tecnico economico Enrico Tosi di Busto Arsizio diventeranno tutti istituti “internazionali” e potranno “attivare in rete un progetto di innovazione metodologico-didattica che prevede l’abbreviazione del percorso di studi da cinque a quattro annualità”.
E’ la prima volta che succede in Italia in una scuola statale. E l’autorizzazione dimostra la chiara volontà da parte del ministero di scommettere per il futuro su una scuola superiore di durata inferiore ai canonici cinque anni. Del resto, l’idea di accorciare il periodo di formazione – che in Italia dura un anno in più della maggior parte dei Paesi europei – circola da tempo in viale Trastevere. L’ex ministro Letizia Moratti voleva anticipare l’iscrizione dei bambini alla scuola elementare. Francesco Profumo, prima della caduta del governo Monti, aveva pensato a tre diversi tipi di sperimentazione: elementari a cinque anni, accorciamento della scuola primaria, accorciamento della scuola secondaria. Il nuovo corso della Carrozza sembra voler puntare tutto su quest’ultima ipotesi.
La sperimentazione nei tre istituti avrà durata quadriennale, sarà attivata progressivamente dalla prima classe di corso e verrà monitorata da un apposito comitato, che annualmente redigerà una relazione in merito a sviluppi ed esiti del progetto. La novità, però, non piace per nulla ai sindacati. Critici fin da subito, nel timore che la riduzione del corso di studi sia essenzialmente una misura per far cassa ed effettuare nuovi tagli sulla scuola. Adesso la Flc Cgil reagisce ancor più duramente all’estensione della sperimentazione alle statali: “Se vogliamo ridurre la durata degli studi in Italia sul modello degli altri Paesi europei dobbiamo farlo in maniera seria. Ci vuole un ragionamento complessivo sui vari cicli collegati tra loro. Invece tagliare via di punto in bianco un anno di studi dalla scuola secondaria, e appiccicare agli istituti che lo fanno l’attributo “internazionale” è semplicemente ridicolo”.
Secondo la Flc Cgil il nuovo liceo in quattro anni non offre garanzie sulla qualità della didattica. E neppure sull’accessibilità, visto che l’accorciamento del corso difficilmente sarebbe sostenibile per tutti gli studenti, e le nuove classi potrebbero prevedere una selezione in ingresso. Per non parlare degli squilibri occupazionali che creerebbe la conseguente riduzione delle ore del personale, in una scuola, quella secondaria, che ha già migliaia di assunzioni arretrate da smaltire.
Perciò il sindacato chiede al ministero di interrompere il progetto e aprire una fase di riflessione: nella manifestazione nazionale del 30 novembre si protesterà anche contro di questo. Ma la sperimentazione è partita: dall’anno prossimo le superiori in quattro anni diventeranno una possibilità anche per la scuola pubblica. A Verona, Brindisi e Busto Arsizio, e presto forse in altre città: anche alcuni licei di Napoli, Bari e Benevento sono già in lista d’attesa per ricevere l’autorizzazione

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