venerdì 10 gennaio 2014

EUROPA. GERMANIA E POLITICHE MIGRATORIE. J. ROSATELLI, Se Berlino riscopre l’identità xenofoba anti-migranti, IL MANIFESTO, 8 gennaio 2014

lla nostra destra c’è sol­tanto la parete»: così ebbe a dire Franz Josef Strauss, sto­rico lea­der della Christlich-Soziale Union dagli anni Ses­santa agli Ottanta. Non men­tiva: è sem­pre parso evi­dente che il partito-stato della Baviera, quella Csu che dal dopo­guerra ammi­ni­stra il ricco Land della Ger­ma­nia meri­dio­nale, fosse una forza col­lo­cata, per ideo­lo­gia e pra­tica di governo, su posi­zioni molto più con­ser­va­trici della sorella mag­giore Cdu. Non a caso, quando Strauss nel 1980 fu nomi­nato can­di­dato can­cel­liere dell’area demo­cri­stiana, la mobi­li­ta­zione che ne impedì la vit­to­ria fu ecce­zio­nale: piut­to­sto che ritro­varsi il rea­zio­na­rio bava­rese, pesino set­tori della sini­stra più radi­cale si atti­va­rono in favore del social­de­mo­cra­tico Hel­mut Sch­midt, che era pur sem­pre un can­cel­liere «d’ordine». E una simile rea­zione di rigetto, molti anni dopo, la pro­vocò Hel­mut Stoi­ber, del­fino di Strauss e sfi­dante di Gerhard Schrö­der nel 2002.


Che la Csu sia deci­sa­mente a destra, quindi, è la sco­perta dell’acqua calda. Cio­no­no­stante, le sue recenti prese di posi­zione sull’immigrazione sono un salto di qua­lità che non si deve sot­to­va­lu­tare. Mal­grado le pole­mi­che, i con­ser­va­tori bava­resi hanno con­fer­mato di voler lan­ciare una cam­pa­gna incen­trata sull’espulsione dello stra­niero comu­ni­ta­rio che «com­pia irre­go­la­rità nei rap­porti con l’amministrazione pub­blica». Tra­dotto: romeni e bul­gari in arrivo, gra­zie alla libera cir­co­la­zione in vigore dal 1 gen­naio, sono tutti poten­ziali paras­siti che, con la frode, vogliono man­giare alla grep­pia dello stato sociale tede­sco. In Ger­ma­nia — que­sto il mes­sag­gio – non sono ben­ve­nuti. Facen­dosi beffe della Will­kom­men­skul­tur, la «cul­tura dell’accoglienza» della pro­pa­ganda uffi­ciale, la Csu dice: è ben­ve­nuto solo chi deci­diamo noi. Ad esem­pio, le migliaia di figure alta­mente qua­li­fi­cate reclu­tate dall’industria tede­sca in Europa meri­dio­nale, dove la disoc­cu­pa­zione gio­va­nile pic­chia duro e dipende in buona misura dal dera­glia­mento di un modello di «svi­luppo» sba­gliato cui ha fatto seguito la tera­pia shock dell’austerità: e sia nel primo che nel secondo atto della cata­strofe della «peri­fe­ria» euro­pea, la poli­tica delle classi diri­genti teu­to­ni­che (eco­no­mi­che e poli­ti­che) c’entra molto.
Il governo di Angela Mer­kel non assume le idee della Csu per­ché gli equi­li­bri della grosse Koa­li­tion lo impe­di­scono: i social­de­mo­cra­tici, che già hanno rinun­ciato a chie­dere una diversa gestione della crisi in Europa, non potreb­bero ingo­iare una svolta popu­li­sta sulla libera cir­co­la­zione nell’Ue. Tut­ta­via, anche se i desi­de­rata dei bava­resi non si tra­dur­ranno in realtà, il segnale è ine­qui­vo­ca­bile: in Ger­ma­nia comin­cia a essere moneta cor­rente il popu­li­smo anti-migranti. Non migranti «qual­siasi», ma euro­pei orien­tali, cit­ta­dini dei Paesi «zone d’influenza» dell’economia tede­sca e a cui si pro­spet­ta­vano, alla caduta del socia­li­smo reale e all’ingresso nell’Ue, magni­fi­che sorti e progressive.
Si potrebbe mini­miz­zare: in fondo, già i gol­li­sti fran­cesi del non rim­pianto Sar­kozy ave­vano sdo­ga­nato posi­zioni simili. E in giro per il Vec­chio con­ti­nente sono in tanti a soste­nere tesi peg­giori. Vero, ma se la peste dell’intolleranza attec­chi­sce fra le classi diri­genti della Ger­ma­nia, la cosa si fa dram­ma­tica. Sino ad ora, infatti, anche le élite con­ser­va­trici ave­vano rispet­tato quell’obbligo di «riscatto morale» impo­sto dalla memo­ria dello ster­mi­nio degli ebrei e dei rom d’Europa, che faceva sì che la Repub­blica fede­rale si fosse auto-imposta — scri­ven­dolo in Costi­tu­zione — l’accoglienza del bisognoso.
Un dovere di atten­zione a chi sof­fre che è già smen­tito dalla poli­tica di auste­rità, ma pur sem­pre entro forme e codici discor­sivi che si fon­dano su un’idea di scam­bio fra «aiuti e con­tro­pre­sta­zioni», in nome della «sal­vezza comune». Ora, invece, siamo alla rot­tura di un tabù anche lin­gui­stico («chi imbro­glia, vola via»), a una «novità» che evoca il peg­gior pas­sato del più grande e potente Paese d’Europa. Si rico­no­sce il pro­filo sini­stro di una dispa­rità di trat­ta­mento sulla base dell’origine nazio­nale: il disoc­cu­pato tede­sco ha diritto ai sus­sidi (bassi), men­tre il disoc­cu­pato stra­niero che vive in Ger­ma­nia deve avere un trat­ta­mento dif­fe­ren­ziato. Trat­ta­mento che può giun­gere fino ad una espul­sione che ripri­stini la «salute» del corpo di un Volk che si vuole immu­niz­zare da infezioni.

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