martedì 14 gennaio 2014

CINEMA E MEMORIA STORICA. M. P. FUSCO, Roberto Faenza, la provocazione: "Questo paese ignorante ha ucciso la memoria", LA REPUBBLICA, 11 gennaio 2014

Al cinema dal 16 gennaio "Anita B. Il coraggio della memoria" del regista torinese, ispirato a "Quanta stella c'è nel cielo" di Edith Bruck. Proteste per la pagina promozionale uscita su "Repubblica" con la foto di Eichmann e il riferimento alle risposte dei concorrenti di un quiz tv




ROMA - Una valanga di reazioni si è diffusa sui network in risposta alla pagina di promozione del film Anita B. dominata dalla fotografia di Adolf Eichmann e dalle parole: "A quale X-Factor partecipò Adolf Eichmann? Anche una domanda così, in un paese dove i concorrenti di L'eredità non sanno chi fosse Hitler, potrebbe finire in un quiz tv". Una provocazione, con un riferimento al programma di RaiUno in cui spesso i concorrenti dimostrano di non conoscere gli eventi della Storia e la loro cronologia. "In genere sono proteste, dicono che non tutti gli studenti sono come quei concorrenti che non avevano idea di chi fosse Hitler, due dei quali credo fossero universitari. Io sono un insegnante, non penso che tutti gli studenti siano così e mi fa piacere che protestino", dice Roberto Faenza, regista del film liberamente tratto dal romanzo di Edith Bruck sulla ragazza sopravvissuta ai lager nazisti Quanta stella c'è in cielo, sugli schermi italiani dal 16 gennaio.
Perché ha pensato a una promozione così insolita?
"L'ho fatto alla luce dell'ignoranza spaventosa di questo paese che vuole dimenticare tutto, la memoria è un fastidio, il pensiero è un fastidio. Ci sono tanti giovani eccezionali ma la tendenza è di vivere a cento all'ora, attaccati a strumenti tecnologici, altrimenti si va in ansia. Mai un momento di meditazione. Non è così in altri paesi".

Si è chiesto perché?
"Secondo me il problema è la comunicazione. La scuola italiana era tra le migliori al mondo, oggi è una devastazione, ma non si può chiedere troppo a insegnanti che guadagno 1200 euro al mese. Manca la famiglia, i genitori non insegnano più nulla ai figli. I ragazzi non guardano la tv, l'informazione viene da internet e spesso è avariata, è come se vivessero in un mondo irreale. Con l'Università abbiamo fatto un concorso con le scuole di Napoli per un soggetto di film o di tv. Ne sono arrivati a migliaia, neanche uno su Napoli. Ho chiesto perché. "Perché dovrei parlare di una realtà che fa schifo quando è molto più bella la fantasia?", mi ha risposto qualcuno".

Anita B. è un film sulla memoria.
"Lo considero il mio film più controcorrente, anche più del pluricensurato Forza Italia! So che avrà problemi, alla parola Auschwitz gli esercenti chiudono la porta, inutile spiegare che non è sui campi, è una storia sul dopo. Stiamo facendo un lavoro con le scuole, contiamo di portare al cinema 100 mila studenti e so che il film, girato in inglese, andrà bene in America, dove uscirà in estate".

Cosa l'ha spinta a farlo?
"Ho letto il libro in aereo di ritorno da Tokyo, ho avuto una crisi di pianto come mai m'era successo nella vita, ho dovuto chiudermi in bagno. Dev'essere scattato qualcosa, ho pensato a quanto ci lamentiamo della crisi, anche noi cineasti, poi leggi storie di persone così forti, capaci di sopravvivere all'orrore e ti dici "sono un verme". Ho avuto voglia di raccontarla. Noi che facciamo comunicazione abbiamo l'impegno di non abbandonare il campo, di non darci soltanto all'evasione, al non-pensiero, pur avendo il dovere di emozionare. Proprio oggi che la gente non vuole ricordare, che c'è il delitto del ricordo".

Cos'ha Anita B. di particolare rispetto agli altri film sulla Shoah?
"Il dramma della protagonista è che al ritorno dal campo pensa che il mondo sia aperto con lei e non capisce come mai nessuno voglia parlare di quello che ha sofferto, dei genitori perduti. Le dicono "il passato è passato, dimentica". Eppure si trova nell'ambiente ebraico, il suo, non capisce come gli zii che l'hanno accolta vogliano esibire un albero di Natale per paura, vivono in Ungheria, sta arrivando il comunismo. Può parlare solo con un bimbo di un anno che l'ascolta senza capire, anche il ragazzo che l'ama vuole sentire i suoi ricordi. Altri film tendono a far dimenticare più che a ricordare".

Tutto questo era nel libro di Edith Bruck?
"Sì, non è un caso che Edith, ungherese, non voglia andare in Ungheria e abbia scritto il libro due anni fa. Lo stesso è accaduto per Jona che visse nel ventre della balena, anche in quel caso Jona scrisse il libro a cinquant'anni di distanza. Entrambi, ragazzini quando hanno vissuto l'orrore, al ritorno hanno trovato un ostilità, come se fosse una vergogna essere sopravvissuti".

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