venerdì 24 gennaio 2014

VIOLENZA E SOCIETA' CONTEMPORANEA. G. BELARDELLI, Cambiare la qualità dei rappresentanti, IL CORRIERE DELLA SERA, 23 gennaio 2014

Di continuo le cronache italiane riferiscono fenomeni di illegalità diffusa. Sabato 18 gennaio, ad esempio, Lorenzo Salvia ha riportato su questo giornale una stima dell’Aci, secondo la quale in Italia circolerebbero ben 4 milioni di veicoli privi di copertura assicurativa. Il giorno dopo le pagine romane de la Repubblica registravano il fatto che, in uno dei più grandi ospedali della capitale, quasi mille dipendenti usufruiscono di un qualche specifico esonero, grazie a una certificazione medica: chi è esonerato dal lavoro notturno, chi dall’accompagnare un paziente senza essere a sua volta accompagnato da un collega, chi — perfino — da ogni compito di assistenza tale da richiedere «gestione di emergenze» (eventualità che, come sa anche un bambino, in un ospedale non è proprio rarissima). Anche a considerare, come è giusto, che non tutte le situazioni sono uguali (e dunque che, nel caso appena citato, ci saranno state anche molte certificazioni mediche ineccepibili), questi e altri analoghi fatti ci mettono di fronte a una cronaca «nera» di tipo particolare. Una cronaca nella quale non si parla di rapine, omicidi, disgrazie più o meno naturali, ma del costante smottamento della legalità diffusa e del senso civico.


Episodi come quelli appena citati, o come gli altri infiniti che ciascuno può trarre dalla propria memoria o dalla propria esperienza, rischiano di mettere in discussione non solo il rapporto «verticale» con lo Stato e le istituzioni, ma anche quello «orizzontale» tra concittadini: chi circola senza assicurazione non viola soltanto la legge ma, in caso di incidente, scarica su qualcun altro i costi della propria condizione di illegalità. Chi ha furbescamente ottenuto un’esenzione dal lavoro notturno, scarica questa incombenza sui propri colleghi onesti. Se troppi cercano di addossare agli altri il costo dei propri atti irregolari o illegali, si rischia una riproposizione del bellum omnium contra omnes di Hobbes: in una versione certamente (e fortunatamente) incruenta, ma forse non meno preoccupante dal punto di vista della solidità di un Paese, del capitale di fiducia sociale che vi è o meno disponibile.
Certo, non dobbiamo dimenticare come ci sia anche una maggioranza di italiani che paga l’assicurazione della macchina e mai si sognerebbe di farsi fare da un medico compiacente un certificato che attesti il falso; sono gli stessi che in questi giorni, nonostante le difficoltà economiche e il vero guazzabuglio delle tasse sugli immobili, stanno pagando mini-Imu e Tares, così come pagheranno le imposte ancora senza nome che si vanno annunciando. Sennonché, ciò che rischia di indebolire questa Italia che rispetta le leggi e paga le imposte nonostante tutto (nonostante le leggi siano troppe e a volte irrazionali, nonostante l’imposizione fiscale sia eccessiva) è il fatto di sentirsi sempre meno rappresentata dal ceto politico nazionale e locale. Al di là della rappresentanza politica, infatti, esiste anche una rappresentanza di tipo sociologico, che porta a sentire chi abbiamo eletto simile a noi per valori e comportamenti (se non per livello di reddito).
Ebbene, dalle spese illecite dei consiglieri regionali (rigorosamente bipartisan), ai vitalizi a 50 anni per i consiglieri della regione Lazio, fino a un’abolizione del finanziamento pubblico dei partiti che sa molto di imbroglio (come ha mostrato Roberto Perotti su lavoce.info), il nostro ceto politico generalmente inteso (e dunque al netto delle eccezioni) sembra far di tutto per rappresentare non tanto l’Italia di chi rispetta leggi e norme, ed è sensibile ai propri doveri non meno che ai propri diritti, ma l’Italia dei furbi che non assicurano l’auto o si procurano una falsa attestazione medica. Si tratta di una distorsione nella rappresentanza sulla quale sarebbe urgente intervenire, almeno tanto quanto è urgente cambiare la legge elettorale.

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